FREE FALL JAZZ

Lo scorso 26 Aprile, in quello che ho personalmente rinominato Funky Friday, esce ‘Teamwork’, l’ultimo progetto della Funk Unit di Nils Landgren. Dopo ‘Funk For Life’ (2010), ‘Licence To Funk’ (2007), ‘Funky ABBA’ (2004), ‘Fonk Da World’ (2001) e il mitico ‘Paint It Blue’ (1996), il trombettista svedese  richiama a sé una unit d’altissimo livello, per far “pompare nelle casse” un po’ di quel funk jazz esplosivo che ha tanto segnato il cammino del Red Horn svedese (concedendosi anche dei progetti molto diversi tra loro), tanto da produrre per ACT i giovani Mo’ Blow, eredi legittimi della Funk Unit.

Nils Landgren (trombone & vocals), Magnum Coltrane Price (bass & vocals), Magnus Lindgren (woodwinds & vocals), Jonas Wall (woodwinds & vocals) Sebastian Studnitzky (keyboards & trumpet), Andy Pfeiler (guitar & vocals), Robert Ikiz (drums) sono la Funk Unit che la stessa ACT (invero non particolarmente avvezza alle sonorità funky, accezzion fatta per la Funk Unit e i Mo’Blow, appunto) definisce così: “this might well be the best Funk Unit that Nils Landgren has had gathered around him since 2010: technically outstanding, this is a group of team players who combine well with a great groove connection”.

Insomma, come a dire: “questo disco è una bomba”. E lo è sul serio. L’ascolto in cuffia può essere molto pericoloso per l’apparato uditivo e, se non si sta attenti, potrebbero manifestarsi cambiamenti repentini d’identità. Iniettarsi direttamente nelle orecchie brani come ‘Get Serious’, ‘Get A Job’ o ‘Green Bean’ (feat. Joe Sample) crea, appunto, i seguenti danni collaterali: arrivato alla terza traccia eccoti che ti ritrovi a parlare come un afroamericano, intercalando qua e là con uno “yeah” baritonale. Fai una pausa, stremato. ‘You Better Finish What You Started’ ti entra in testa quasi come una minaccia, una sfida… Hai voluto l’ultimo disco della Unit, e mo’ te lo becchi tutto. BOOM. Assetato di funk, un po’ esitante ti rimetti le cuffie e vai avanti. L’effetto si ripete in maniera esponenziale. Alla sesta traccia stai già facendo il preventivo per cambiare il colore della pelle comodamente seduto dal parrucchiere, che sta trasformando i tuoi capelli in quelli di Esperanza Spalding. Finito il disco, sei completamente rimbecillito. Continui a tenere il ritmo, a gongolare la testa slappando un mocho vileda. Il petto ti vibra ancora e tutto il mondo sembra che abbia più colori.

Il basso, ora avvolgente ora bello slappante, di Coltrane Price e la batteria di Ikiz costruiscono una struttura, un binario d’acciaio intaccabile, vorticoso ma stabilissimo, un groove vibrante e intenso dove gli ottoni scatenano i loro temi, soli e cori. Un organo svirgola e accenta, il trombone di Nils dirige l’ensemble formidabile. I soli sono studiati ma appassionati, uno intreccia l’altro… Un ping pong virtuoso che cresce verso il tema mentre la tua testa non la smette di andare su e giù, gonfiandoti il petto come fossi in caduta libera.

Dal funk “legittimo” a un po’ di marchin’ band (‘Green Beans’), con un po’ di sfumature brasiliane: un album colorato, carnevalesco, perché il funk jazz è allegria e divertimento. Il disco si stoppa. Esausto, riponi il mocho, chiedi scusa al parrucchiere, “Basta così grazie”. Piano piano ritorni in te. Sulla scrivania c’è il disco di Landgren. Lo prendi, lo guardi. Dalle tue labbra, piegate in un sorrisetto complice, esce solo una parola, bassa, profonda, che viene dal brodo primordiale del ritmo: “YEAH”.

Insomma un gran bel TEAMWORK.

ECHO Jazz Label Of the Year
A proposito di lavoro di squadra, ce n’è una che funziona molto bene. Da più di vent’anni, ACT Music scova, produce e distribuisce delle vere perle, che nella maggior parte dei casi sono delle grandi novità. Da Esjborn Svensson, Lars Danielson, Ulf Wakenius, Nguyen Le, Iro Rantala e lo stesso Landgren (con ACT fin dagli albori) per passare dai più recenti Michael Wollny, Vijay Ayer, Rudresh Mahanthappa, Vincent Peirani, sono solo alcuni dei grandi talenti che ACT ha saputo valorizzare con la ricerca di un sound sempre più definito e innovativo, con particolare attenzione alla novità e alla freschezza. Un sound che sappia colpire, con uno schiaffo emotivo, il curioso ascoltatore. Un TEAMWORK, capitanato da Siggy Loch, che oggi, per la quarta volta di fila, si aggiudica l’ECHO Jazz per l’etichetta dell’anno. (Martino A.L. Spreafico)

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