FREE FALL JAZZ

Il blues lo conosciamo tutti. Il suo ruolo fondamentale nella generazione della musica moderna è fuori discussione: una forma semplicissima che è il seme di mille avventure sonore, sempre attuale in mano agli artisti giusti. La cosiddetta americana invece è un termine meno noto, sorto negli anni ’90 e di definizione ancora controversa. Un termine-ombrello che comprende quelle musiche di derivazione folk, country, rhythm’blues e rock’n'roll in forma genuina, in contrapposizione alle versioni più edulcorate presenti nei circuiti dei grossi media. JD Allen, col suo fantastico trio, sembra oggi interrogarsi sul rapporto fra i due, e non solo. Dov’è quindi il blues? Dov’è l’americana? La flessibilità e la versatilità di questi linguaggi, sembra dirci JD, rende oziosa la domanda e superfluo il confine, perché entrambi sono il nucleo stesso del suono americano. Nucleo da cui il blues non può certo essere escluso e  con cui l’americana deve necessariamente fare i conti, assieme al jazz, pena l’inadeguatezza. Il trio, al solito essenziale ed energico, affronta una serie di brani originali in cui la splendida voce strumentale del sassofonista sembra alludere continuamente alla risposta: a volte su veri e propri blues che poi un po’ alla volta assumono altri colori quasi agresti, altre volte in scarni numeri folk ove il blues è immanente nell’intonazione, nelle improvvise cadenze, nel respiro. Una risposta, in fin dei conti, già suggerita da un altro paio di album in cui la riflessione meta-musicale sull’onnipervasività del blues è centrale – parlo di ‘Kind Of Blue’ di Miles Davis e ‘The Blues And Abstract Truth’ di Oliver Nelson. JD rilancia il discorso e rafforza la tesi con quello che, forse, è ad oggi il suo miglior album.
(Negrodeath)

Comments are closed.