FREE FALL JAZZ

‘L’album dei Robinson’ è il titolo con cui, mi pare, a metà degli anni ’90 venivano trasmesse in TV le repliche del ben noto telefilm di Bill Cosby. L’album che interessa a noi, però, è qualcosa di più letterale: un disco vero. Che la serie avesse un legame particolare col jazz è risaputo: guest star come Dizzy Gillespie e Nancy Wilson, riferimenti plurimi nelle trame di numerosi episodi, per non parlare della sigla dell’ultima stagione, interpretata da Lester Bowie. Le premesse sarebbero persino buone, resta però un fatto quasi incontestabile: ogni volta che un personaggio più o meno noto, sia esso un attore, uno sportivo o quel che volete, si gioca la carta della musica, i risultati sono da hall of shame. L’elenco è lungo e agghiacciante: da Brian Austin Green (il David di Beverly Hills 90210) e Macho Man Randy Savage che giocano a fare i rapper, al tremebondo pop-rock latino di Abel Balbo, fino ad arrivare al re dei re, l’immarcescibile David Hasselhoff. Ci fermiamo qui per non sconfinare troppo, ma vi basti sapere che scavare in acque ancor più torbide è possibile.

Tornando a noi: il disco (EP, per la precisione) a cui ci riferiamo è ‘Miles Long Mixtape’ (2003) di Malcolm-Jamal Warner, il quale, nonostante  le treccine e gli addominali al sidol sfoggiati in copertina, resta più facile da identificare come Theo Robinson. Bassista, Warner sceglie la via dell’autoproduzione per iniziare la sua carriera musicale: “Non lo faccio per diventare ricco e famoso – ammette orgogliosamente tra le note biografiche – Ho il lusso di potermi davvero approcciare alla musica in maniera artistica. Dato che c’è un grande pregiudizio attorno agli attori che scelgono di cimentarsi anche nella musica, era importante per me riuscire ad avere tutta la libertà creativa di cui ho bisogno”. Pistolotti che in vita nostra abbiamo sentito decine e decine di volte, e che raramente rivelano un po’ d’arrosto quando tutto il fumo si è diradato.

C’è da dire che musicalmente il risultato non è neanche malvagissimo: i brani si snodano su un suono “grasso” e ricco di bassi, che attinge in (più o meno) egual misura da jazz, r&b, funk e hip hop, il problema semmai sono le parti vocali, quasi perennemente spoken word. Warner vorrebbe porre l’attenzione sui testi, nei quali tuttavia c’è ben poco di rivoluzionario o così clamoroso da mettere in ombra il resto, e infatti la situazione migliora solo in pezzi come ‘Lap Dance’, dove il cantato sfiora il rap abbozzando perfino qualche ombra di melodia. Nulla che non sia stato già fatto con anni di anticipo (con più inventiva, anche) da decine di artisti hip hop (a proposito: presto sarà il momento di parlare un po’ del cosiddetto ‘jazz rap’), ma comunque roba dignitosa. Tra l’altro pare che l’album successivo (e tuttora ultimo), che ahinoi non abbiamo ascoltato, spinga proprio in quest’ultima direzione, quindi hai visto mai che ci siano persino i margini per una piccola redenzione.

Ad ogni modo ‘…Mixtape’ incarna alla perfezione il prototipo del disco che nel cut out bin (intendiamo proprio il cesto delle offerte, non la nostra rubrica) ci finisce per un buon motivo, e tutto sommato non sarebbe un crimine lasciarcelo. A meno che non siate veri cultori del trash, beninteso. E in tal caso massimo rispetto. (Nico Toscani)

PS: per non andare troppo fuori tema non abbiamo parlato del disco rap per il quale Bill Cosby ha scritto testi ‘educativi’. Credeteci sulla parola quando diciamo che si tratta di una delle peggiori cose di sempre.

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