FREE FALL JAZZ

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Il batterista Tyshawn Sorey è ormai da diverso tempo un musicista di spicco nel roster della Pi Recordings. Nonostante il suo primo disco da leader per questa label, ‘Oblique – I’, sia stato pubblicato solo nel 2011, è infatti da oltre dieci anni che Sorey presta le sue doti (che l’anno scorso gli sono valse anche il titolo di “rising star drummer” secondo il Down Beat Critics’ Poll) per diversi lavori nel catalogo Pi, suonando con jazzisti affermati e celebrati come Vijay Iyer, Steve Coleman e Steve Lehman.

Due anni fa ‘Alloy’ (per la verità non riuscitissimo), registrato in trio con Christopher Tordini (contrabbasso) e Corey Smythe (pianoforte), aveva cominciato a mostrare il radicato interesse di Sorey per una musica continuamente in bilico tra jazz e musica classica. Spingendosi ancora oltre, il nuovo ‘The Inner Spectrum of Variables’ amplia esponenzialmente lo spettro d’azione: di nuovo accompagnato da Tordini e dalla Smythe, questa volta Sorey recluta anche un violino (Chern Hwei Fung, primo violinista del Sibelius String Quartet), una viola (Kyle Armbrust dell’International Contemporary Ensemble) e un violoncello (Rubin Kodheli, che vanta collaborazioni tanto con Laurie Anderson e Meredith Monk quanto con Dave Douglas e Henry Threadgill). Con questo esotico formato del doppio trio, Sorey può quindi dare completo sfogo alla sua ambizione e creatività: ‘The Inner Spectrum of Variables’ è infatti un’unica, pantagruelica composizione di quasi due ore suddivisa in sei movimenti (tra i quali si trova incastonata anche una spettrale reverie di quindici minuti), sviluppata nei mesi a partire da maggio 2015 e registrata in una singola sessione di quindici ore. (Continua a leggere)

In questo album il flautista Stefano Leonardi assembla una formazione decisamente particolare, con violino (Stefano Pastor), contrabbasso (Fridolin Blumer) e percussioni (Heinz Geisser), per celebrare l’arte del sassofonista newyorkese Thomas Chapin, scomparso prematuramente nel 1998. Non fingerò di conoscere in lungo e in largo l’opera di Chapin, musicista del giro della Knitting Factory e votato ad una sperimentazione linguistica coerente con la storia del jazz. Le Conversazioni in suo onore si svolgono come, appunto, libere conversazioni su temi o movimenti ritmici minimali, che poi vengono sviluppati in estrema libertà – in questo modo Chapin diventa punto di partenza e vero e proprio oggetto di discussione mediante la musica. (Continua a leggere)

Da tre album a questa parte, Regina Carter ha cominciato un percorso di studio e rilettura delle proprie origini, in senso musicale e non. ‘I’ll Be Seeing You’ affrontava il jazz e gli standard preferiti della madre, ‘Reverse Thread’ il patrimonio culturale africano, il nuovo ‘Southern Comfort’ è un tuffo nella tradizione folk e rurale del sud degli States, in particolare dall’Alabama in cui il nonno paterno faceva il minatore. La Carter si è documentata presso l’archivio di registrazioni della Biblioteca del Congresso per avere l’idea più precisa possibile di cosa suo nonno avesse potuto ascoltare ai tempi. La ricerca ha portato alla luce un repertorio di musica folk, country, blues, spiritual e bluegrass che torna così a nuova vita grazie agli sforzi di Regina e della sua band (Jess Murphy al contrabbasso, Adam Rogers e Martin Sewell alle chitarre, Will Holshouser alla fisarmonica e Alvester Garnett alla batteria). (Continua a leggere)