FREE FALL JAZZ


Riportiamo integralmente due commenti sulle ennesime sparate di Renzo Arbore, pronto ad andare in onda col suo documentario pieno di tesi false e superficiali.

“Questa è l’ultima volta che intervengo su questo argomento, ma in questa intervista alla Repubblica, Arbore racconta la sua solita serie di amenità, che poi sono state ribadite anche nel programma di lunedì.Tra le tante, ne segnalo un paio davvero indifendibili:

“Credo che si possa dire senza essere smentiti che il jazz italiano oggi è il secondo al mondo dopo quello americano. I nostri musicisti oggi sono certamente i migliori d’Europa, per creatività, qualità e impegno, e non hanno nulla da invidiare anche a una buona parte di musicisti americani”.

“Il jazz ancora oggi è un fiore all’occhiello della nostra Italia musicale…. E’ un pregiudizio quello secondo cui il jazz non piaccia al pubblico. Io sono presidente di Umbria Jazz e posso dire che, negli ultimi quattro-cinque anni, c’è stato un aumento dello sbigliettamento del 30%”. (n.d.a. grazie sopratutto ai concerti di Sting, Santana e altre amenità del genere)

Credo che sia inutile commentare queste dichiarazioni, ma è evidente che se il jazz italiano deve essere rappresentato da questo piazzista da quattro soldi, vuol dire che la situazione è molto grave e ben lontana “dal secondo posto al mondo” di cui sproloquia.
Ma la cosa più grave è che tutti i grandi media (in primis La Repubblica ed Il Corriere della Sera che ha pubblicato un articolo dello stesso tenore) permettono a questo signore di vaneggiare senza che nessuno che si alzi a dire “Arbore ma che c…. stai a dì”.
Ma con questi personaggi non sarà mai possibile fare discorsi seri sul jazz, che aiutino questa meravigliosa musica ad uscire dall’irrilevanza in cui è relegata in questo Paese, trasformata da Arbore e co, in un fenomeno macchiettistico e folkloristico.”

(Elfio Nicolosi – Mi Piace Il Jazz)

Segue il commento di Gianni Morelenbaum Gualberto (Aperitivo In Concerto) al critico Aldo Grasso, che si lamentava di come la trasmissione di Arbore fosse costretta ad andare in seconda serata.

“Gentile dottor Grasso, in merito a quanto Lei scritto sulla recente “rilettura” della storia del jazz per mano di Renzo Arbore, non può che spiacere che vi sia chi, tratto in inganno da vere e proprie affabulazioni (peraltro condotte simpaticamente), diffonda una “vulgata” che non è solo errata ma marchianamente falsa, parte di una sorta di furbesco e quasi circense patriottismo all’amatriciana che purtroppo ha già prodotto la modestissima Orchestra Italiana e adesso, addirittura, il falso storico.
Che Nick La Rocca e la Original Dixieland Jazz Band avessero inciso il “primo” (…) disco di “jazz” (…) è cosa non sconosciuta anzi, è stranota fra tutti i cultori e appassionati della musica africano-americana. E si sa bene che tale incisione non fu la testimonianza di alcuna nuova creatività, non solo perché i musicisti della ODJB erano mediocri strumentisti, ma perché erano solo la peraltro ininfluente e coincidentale punta di un iceberg polietnico che prtendeva le mosse dalle molteplici elaborazioni con cui, da ben oltre un secolo, andavasi stratificando la cultura dei discendenti degli schiavi neri in America. Il jazz, infatti, è la risultanza di un processo magmatico di interrelazioni culturali all’interno di una vasta area (denominata da alcuni storici e antropologhi culturali “Black Atlantic) di cui New Orleans divenne epicentro. A tale processo (che in seguito ha assunto le vesti del cosiddetto jazz), le cui fondamenta e la cui idiomaticità sono materiali di indiscutibile e incontestabile derivazione africano-americana, hanno dato notevoli contributi anche molti artisti di origine soprattutto ebraica, poi italiana, irlandese, polacca, ecc., fino agli asiatici dei nostri giorni. Nulla fu inventato da famiglie siciliane trapiantatesi a New Orleans, Arbore purtroppo dà prova di gravissima e fuorviante ignoranza, letteralmente inventando una Storia che non vi è mai stata e che, addirittura, deruba un intero popolo della propria cultura, calpestando oltre un secolo di studi musicologici, antropologici e sociologici. Il che non è solo francamente irritante, è disgustoso, soprattutto perché questo pur simpatico signore ha ottenuto fondi (magari pubblici) per spacciare una sua verità che non arriva ad essere neanche romanzesca. Puro delirio dai risvolti simil-comici. Lei si addolora che un tale programma sia stato dato in tardio orario. Io mi addoloro e mi vergogno, invece, che sia stato trasmesso.
Con viva cordialità, Gianni Morelenbaum Gualberto.” [link]

Noi concordiamo con Elfio e Gianni. Soprattutto, ci lascia abbastanza sconcertati il fatto che i musicisti jazz nostrani, in particolare quelli di maggior visibilità, facciano finta di niente.

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