FREE FALL JAZZ

Stacy Dillard qui dentro era già stato elogiato, nello specifico nell’ultimo album di Cyrus Chestnut. Sassofonista dal suono robusto e rotondo, è un habitué del giro di Orrin Evans e titolare di una carriera solista non troppo nota ma meritevole di attenzione. ‘Good And Bad Memories’ è, ad oggi, il suo ultimo cd e ne mette in mostra il suo lato più viscerale e emozionante, quello che lo rende vicino al grande Hank Mobley: suono voluminoso, fraseggio melodico, composizioni semplici e ben costruite che fanno leva innanzitutto sul feeling e l’immediatezza melodica. Siamo lontani dalle complessità ritmiche e compositive di suoi coetanei più cerebrali come Walter Smith III, Dayna Stephens o JD Allen. Affiancato da talenti come il già citato Orrin Evans al piano e Craig Mangano alla chitarra, Dillard dà loro molto spazio in una serie di pezzi dai cinque ai dieci minuti, metà dei quali scritti proprio dal sassofonista. Si parte quasi in sordina con ‘Pleasant’, che inizia con un passo medio e rilassante salvo poi aumentare l’intensità fino al coinvolgente finale. Colpisce la leggera chitarra di Mangano, da questo punto di vista una scelta inaspettata (quantomeno da chi, come me, si aspettava qualche nipote di Grant Green o Wes Montgomery) che ben contrasta il basso profondo di Ryan Berg e il tenore caldo ed espressivo del leader. La successiva ‘Can’t Shake It’ è l’unico pezzo al soprano ed è malinconico, con una tensione comunque crescente ben supportata dalla batteria di Jeremy Clemons durante gli assolo di chitarra e sax. Troviamo poi brani più veloci e potenti come ‘Stizzozo’ e ‘Mean Bean’ che recuperanno fraseggi più aspri e frenetici di matrice bop (la seconda ha un che di ‘Salt Peanuts’, con l’aggiunta di un tocco soul dato dato dagli accordi di chitarra finali), e altri rilassati, avvolgenti, come la bellissima ‘West Lexington’, un lento disteso e swingante che rievoca il fantasma del primo quintetto di Miles Davis (quello con Red Garland e John Coltrane). Dillard gioca con la melodia, la stiracchia progressivamente in maniera quasi svagata, ottenendo un’atmosfera notturna e urbana di grande fascino.

Un disco molto bello e immediato, potenzialmente alla portata di tutti: se cercaste un disco contemporaneo per avvicinare un amico alle gioie del jazz, ecco un candidato perfetto.
(Negrodeath)

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