FREE FALL JAZZ

52246833Con questo Tipico, già decimo album da leader, il sassofonista Miguel Zenón si conferma uno dei musicisti e compositori più interessanti sulla scena contemporanea del jazz. Una scena che presenta ormai commistioni linguistiche talmente varie e vaste da doverle considerare prassi in un processo ormai inarrestabile in ambito di musiche improvvisate, jazz compreso. Eppure, è curioso dover constatare come una delle “contaminazioni” più longeve e diffuse nel jazz, quella con le musiche latine e caraibiche, sia da noi per lo più trascurata. E’ pur vero che in questo specifico caso Zenón ha prodotto un disco molto meno incentrato su questo aspetto rispetto a lavori precedenti, ma nella musica emerge comunque un modo di procedere ormai ben consolidato dall’altosassofonista in anni di sperimentazioni personali e di affiatata condivisione con gli altri membri di una formazione che è attiva da circa quindici anni su quel genere di progetti. Il quartetto che ha eseguito le musiche del disco è composto da musicisti che operano costantemente negli U.S.A. ma che hanno evidenti origini geografiche e culturali extra nord-americane. Oltre al leader portoricano, c’è infatti il fido Luis Perdomo al pianoforte, che è venezuelano e Henry Cole alla batteria che condivide le stesse origini di Zenón, mentre il bassista Hans Glawischnig è addirittura di provenienza austriaca.

In realtà il bagaglio di esperienze del contraltista va oltre, prevedendo anche diverse conoscenze in ambito accademico e relative tecniche compositive (è infatti anche uno stimato insegnante al New England Conservatory) oltre ad una vasta pratica di improvvisazione jazzistica, cosa che gli permette di esibirsi con grande perizia in ambiti musicali e progetti molto diversi tra loro: dalle esperienze col quartetto sassofonistico Prism, alle performances con gli illustri colleghi del SF Jazz Collective, un gruppo attivo ormai da oltre un decennio che rivisita in modo fresco e aggiornato i capolavori del mainstream jazzistico e di cui il sassofonista portoricano è stato peraltro uno dei membri fondatori. Zenón riesce a mettere in campo tutto questo ed è in possesso di un timbro sassofonistico sufficientemente distintivo (cosa poi  non così da poco di questi tempi), che potremmo definire come una via di mezzo tra Greg Osby e un Bobby Watson più lineare e con meno inflessioni vecchio stile, mentre il suo quartetto si muove in una sorta di post-bop aggiornato e “latinizzato”, mostrando una energia esecutiva analoga a quella di una band come gli Horizon  dello stesso Watson anni ’90.

Il set dei brani è di varia ispirazione e presenta composizioni che, pur essendo di una certa complessità, riescono a mantenere una certa leggibilità, con esecuzioni intense ma adeguatamente controllate. Si esordisce con la frenetica e ritmicamente frastagliata Academia, ispirata dai suoi studenti avanzati del New England Conservatory. Cantor presenta un sofisticato tema composto da due parti ben collegate tra loro, ma dal mood assai diverso: la prima in forma di ballad moderna, la seconda più solare e ritmicamente energica che esplode verso la fine. Ciclo è la traccia più d’impostazione post-bop del disco, mentre Tipico è decisamente il brano più intriso di cadenze armoniche e ritmi caratteristici di certa musica caraibica e latina. Questa traccia basata probabilmente su qualche spunto popolare, comprende infatti una miriade di influenze, dal montuno al bolero, sempre ben organizzate in una struttura compositiva di alto livello. Il lirico Sangre De Mi Sangre è invece dedicato alla figlia di Zenón e vede protagonista il lavoro di basso del contrabbassista austriaco. Corteza sembra quasi voler accennare all’intro di Parker’s Mood, seguendo però poi uno sviluppo assai diverso. Entre Las Raices è forse il brano musicalmente più ardito, con un’introduzione pianistica di Perdomo a la Cecil Taylor e con uno sviluppo più controllato dalle parti scritte complesse ma ben strutturate da Zenón. Finale melodico con tanto di tema “fischiettato” in Las Ramas.

In definitiva si tratta di un lavoro organico e compatto, eseguito da un quartetto molto affiatato, ben descritto dalle parole stesse di Zenón: “La musica di questa registrazione è ispirata dal linguaggio musicale che abbiamo sviluppato insieme in questo periodo. Alcuni dei brani sono stati disegnati direttamente dalle idee musicali provenienti dai miei compagni della band; ho trascritto quello che ho percepito dalle loro frasi più riconoscibili e caratteristiche, usandole come spunto per alcune delle composizioni “.
(Riccardo Facchi)

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