FREE FALL JAZZ

Quando esce un nuovo disco di Charles Gayle il rischio è di finire a ripetere sempre le stesse cose, dagli anni vissuti suonando per strada a New York alle esibizioni truccato da Streets il clown, magari ignorando che negli ultimi anni il musicista (e probabilmente anche l’uomo) è passato attraverso numerosi cambiamenti. È importante sottolinearlo, perché lavori come ‘Streets’ (2012) o il nuovo ‘Christ Everlasting’ sono frutto proprio delle metamorfosi di cui sopra. Figli di un Gayle che si stacca dai parossismi che hanno segnato i suoi dischi degli anni 90 (su tutti, ‘Repent’, ‘Touchin’ On Trane’ e ‘Consecration’), di un Gayle che sempre più spesso inizia ad alternare il sax tenore con il piano (suo strumento d’origine), di un Gayle che inizia ad esplorare gli standard jazzistici.

‘Christ Everlasting’, registrato in trio con Ksawery Wójciński (ho dovuto copiare dal retro del CD, ammetto) al basso e Klaus Kugel alla batteria, è forse la sintesi perfetta di questa versione “matura” del sassofonista newyorkese, con tutti i pregi (tanti) e i difetti (pochi) del caso. Oggi Gayle non punta più sull’impatto ma sull’intensità: i mattoni free jazz da quasi mezz’ora a botta hanno lasciato il posto a improvvisazioni più ragionate e a fuoco, in cui è possibile apprezzare meglio certo lirismo, da sempre parte del suo bagaglio tecnico, per quanto mai troppo ostentato. Il pregio principale del disco è la varietà: se i rimandi gospel di ‘Joy To The World’ suonano tutto sommato come giocare in casa, sorprendono invece le atmosfere notturne di ‘His Grace’ come anche ‘The Fathers Will’, crescendo tra piano e contrabbasso con arco. Delle riletture in scaletta un plauso senz’altro lo meritano ‘Ghosts’ di Ayler, vero atto d’amore ormai da tempo in repertorio, e ‘Oleo’ di Sonny Rollins, forse il momento più trascinante del lotto. Non ne esce altrettanto bene invece una raffazzonata ‘Giant Steps’, ma alla fine della fiera si tratta dell’unico scivolone.

Il rischio più grosso era quello di finire in malafede a ripetere ciò che fu, senza avere né la benzina né le idee necessarie. Per fortuna non è questo il caso: questo Gayle meno istintivo risulta credibilissimo e convince fino in fondo. (Tony Aramini)

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