FREE FALL JAZZ

In un periodo dominato in ambito di musiche improvvisate da un termine abbastanza improprio e abusato come quello di “contaminazioni”, utilizzato per specificare, in modo peraltro approssimativo, l’attuale tendenza del jazz verso una commistione di generi diversi, ecco un musicista che davvero riesce a raggiungere in un tale ambito risultati musicalmente interessanti, senza mostrare pretenziosi e velleitari ”evoluzionismi”, o forzature di sorta, agendo con assoluta proprietà dei linguaggi di cui dispone e che, d’altra parte, quasi certamente risulterà misconosciuto alla gran parte dei jazzofili nostrani, per lo più presi oggi da superficiali eclettismi e proposte pseudo-jazzistiche, sempre più distanti dal contesto linguistico di riferimento, soprattutto sul piano ritmico.

Arturo O’Farrill pianista, organista e compositore ormai più che cinquantenne e sulla scena già da tempo (classe 1960), è infatti molto stimato negli U.S.A., ma poco conosciuto dalle nostre parti e certo meriterebbe maggior attenzione per la stimolante musica per big band che oggi propone. Per O’Farrill, l’eredità musicale paterna è stata ed è ancora oggi profondissima. Nato in Messico e cresciuto a New York City, l’ ancora giovane bandleader è infatti figlio di “Chico” O’Farrill (deceduto nel 2001), superbo arrangiatore e compositore, nonché trombettista cubano, oggi pressoché dimenticato, ma che è stato uno dei creatori del cosiddetto Afro-Cuban Jazz, sin dai lontani anni ‘40. Perciò, l’O’Farrill odierno, da buon figlio d’arte, prosegue l’esperienza del padre attualizzandone la proposta, avendo peraltro già maturato una lunga e variegata esperienza in ambito orchestrale con Carla Bley, agli inizi, con lo stesso padre nei suoi ultimi anni di vita (realizzando notevoli incisioni per Milestone come “Heart of a Legend” o “Pure Emotion”) ed essendo anche stato un veterano della band di Gillespie, così come ha partecipato a ensemble più piccoli guidati da Wynton Marsalis, e Harry Belafonte.

Chico O’Farrill è stato per troppo tempo sottovalutato, ma la musica che ha lasciato parla per lui e rappresenta, come afferma lo stesso Arturo: “una voce importante nel campo della musica americana“. Arturo, ha studiato alla Manhattan School of Music, al Brooklyn College Conservatory e Queens College, vive a Brooklyn e insegna alla Amherst University of Massachusetts. Nel 2002, un anno dopo la morte del padre, ha formato la Jazz at Lincoln Center Afro-Latin Jazz Orchestra, con la benedizione del direttore artistico della Lincoln, Wynton Marsalis. In seguito, O’Farrill ha deciso di formare la Afro-Latin Jazz Orchestra partendo dalla base del Jazz at Lincoln Center. “Abbiamo lasciato Jazz at Lincoln Center perché non eravamo davvero presentati con il tipo di opportunità che credo avremmo meritato“, dice O’Farrill. “Wynton e io ci siamo separati in buoni rapporti, e sono grato a Wynton e Jazz at Lincoln Center per averci dato la possibilità di nascere”. La  Afro-Latin Jazz Orchestra costituita da 18 elementi ci presenta questo eccellente The Offense of the Drum, (non a caso nominato anche per il Grammy nella categoria Best Latin Jazz Album) con un programma musicale davvero originale, che mette in evidenza le variegate influenze culturali latino-americane, ispaniche e caraibiche nel jazz odierno, pertinentemente assemblate tra loro, con il contributo di una gran quantità di strumenti a percussione provenienti da tutto il mondo, mettendo in mostra anche una notevole serie di collaboratori, tra cui spiccano i nomi di Donald Harrison e Vijay Iyer. Si inizia con un brillantemente arrangiato e originalissimo “Cuarto de Colores” eseguito con un intreccio di tempi che passano dal 6/8 al 4/4 e in cui si colgono ritmi e umori brasiliani, colombiani e afro-cubani ben impastati con il tipico “know-how” dell’arrangiamento proprio delle big bands post-bop, fatto cioè di dialogo serrato e continuo tra la sezione ottoni e ance. Il tutto utilizzando lo speziato contributo dell’arpista colombiano Edmar Castaneda e quello del trombettista Jonathan Powell, fornito da entrambi esibendo ottimi assoli. ”They Came” è una sorta di riuscito, moderno rap-jazzistico, che racconta l’orgoglio portoricano con il contributo del rapper Christopher “Chilo” Cajigas e mixando i ritmi della bomba con l’ hip hop e il reggaeton di DJ Logic.

Il moderno jazz per big band di ”On the Corner del Malecón e Bourbon, scava in profondità gli intrecci delle musiche caraibiche con il jazz, passando dalla musica bandistica cubana e americana antecedente a certo proto jazz, al ritmo di rag-habanera ripreso dal piano di O’Farrill, che sfocia in modo quasi naturale in quello in clave della descarga cubana. Una operazione di sintesi musicale davvero intelligente e molto pertinente. “Mercado en Domingo” è una chiara dedica  alla bachata e al merengue di Santo Domingo. “The Mad Hatter” è invece una composizione che Vijay Iyer ha scritto per O’Farrill. Qui, stridenti linee ritmiche che si incrociano col ritmo di clave, attraversano melodie liriche angolari e armonie stratificate con ottimi assoli del compositore e del trombettista Seneca Black. La title track è forse la composizione più ambiziosa ed è una suite, nella quale emergono decisamente le percussioni utilizzate in uno sfondo orchestrale molto ricco, in un dialogo contrappuntistico della sezione ottoni con il djembe e i tamburi taiko giapponesi, in un clima che a tratti ricorda certi esperimenti compositivi afrocubani di Stan Kenton con Johnny Richards in dischi come “Cuban Fire”.  Le percussioni dominano nella seconda sezione della suite e alla fine, le due linee si intersecano in un selvaggio, colorato segmento finale.

“Alma Vacia” è un diretto omaggio a Cuba e al suo contributo musicale della Salsa, con un ritmo in clave accennato sin dall’inizio ed evidenziato proprio con “las claves”. Conclude il prezioso lavoro discografico di O’Farrill, “Iko Iko” con Donald Harrison in evidenza, in un perfetto esempio di musica afro-latina mixata allo swing del jazz, così come è stata tradotto in Nord America attraverso la varietà di tessiture, cadenze, ritmi e melodie, caratteristici dell’area caraibica.
(Riccardo Facchi)

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[...] successi e premi (lo scorso anno ha vinto il Grammy per il Latin Jazz con lo splendido The Offense of the Drum). Ottimo pianista, compositore e arrangiatore, che è guarda caso pressoché sconosciuto in [...]


[...] del jazz più avanzato, come Vijay Iyer (presente anche come autore nel precedente ragguardevole Offense of the Drum) e Rudresh Mahanthappa (qui  con un ruolo di solista principe), certo non accusabili di vendersi [...]


[...] non solo del Latin Jazz, avendo già inciso diversi dischi di cui gli ultimi due per Motéma, The Offense of the Drum  (2014) e  Cuba: The Conversation Continues (2015), sono davvero eccelsi, avendo  pure vinto [...]