FREE FALL JAZZ

Dayna Stephens è uno dei più stimati sassofonisti della nuova generazione. Merito di un bellissimo suono “middleweight” che riecheggia tanto i musicisti pre-bop quanto Hank Mobley, e di uno stile compositivo cerebrale e stimolante che tuttavia non è mai inutilmente complesso o freddo. Anzi, temi, sviluppi e improvvisazioni hanno sempre una vena melodica molto felice e riescono a stimolare la curiosità dell’ascoltatore senza mai intimidirlo o, peggio, annoiarlo. Queste caratteristiche ne hanno fatto, giustamente, un musicista molto richiesto nel panorama contemporaneo. Nel 2013 Dayna ha pubblicato ben due album, ‘I’ll Take My Chances’ (CrissCross) e ‘That Nepenthetic Space’ (Sunnyside) che andiamo subito ad analizzare in questo piccolo speciale.

‘That Nepenthetic Space’, registrato nel 2010 e rimasto nel cassetto per tre anni, è un disco energico, a partire dalla batteria nervosa e secca di Justin Brown che utilizza groove funk più di una volta. In sei brani su dieci figurano pure Ambrose Akinmusire (tromba) e Jaleel Shaw (sax contralto), che nei momenti d’insieme si fondono al leader in impasti dal colore modernissimo, influenzato da contemporanee sonorità soul/r&b. Il potente contrabbasso di Sanders è il perno di un gruppo che presta grande attenzione alle dinamiche e all’intensità. Anche i brani più tranquilli, come ‘A Walk In The Park’ o ‘American Typhoon’, sono caratterizzati da una tensione subliminale che sembra sempre sul punto di venire allo scoperto. Una poderosa versione quasi gospel di ‘Impressions’, il lacerante post-bop ‘Dah-Dot Dah’ con un Akinmusire ingegnoso che ruba la scena, la shorter-iana ‘Full Circle’ e le linee attentamente sfalsate di ‘Wink Wink’ sono alcuni fra i momenti più riusciti.

‘I’ll Take My Chances’ è un disco in quintetto che, come sempre più spesso accade, vede la chitarra (Charles Altura) a fianco del pianoforte (Gerald Clayton). Una scelta che comporta un’attenta distribuzione degli spazi per evitare invasioni di campo e piedi pestati: ne vien fuori un disco dal suono particolarmente aperto, arioso, ideale terreno per il sax caldo e vaporoso di Dayna Stephens, impegnato in linee astratte e un po’ distaccate che prendono sempre deviazioni impreviste. Le composizioni variano da originali ad un classico di Ellington (‘Prelude To A Kiss’, con la voce un po’ troppo cinguettante di Becca Stevens) a brani contemporanei di Brad Meldhau (‘Unrequited’, in due versioni, idealmente una per lato) e Aaron Parks (‘Adrift’). Interessante poi ‘Dirty’, con organo Hammond e sax baritono, sullo stile del Larry Young anni ’60 più che di Jimmy Smith.

Quale album scegliere? Chi preferisce la musica più energica farebbe meglio a privilegiare ‘That Nepenthetic Space’, chi gli sviluppi progressivi dai fraseggi obliqui e ponderati ‘I’ll Take My Chances’. Ma il consiglio vero è di procurarsi entrambi. Ovviamente, il secondo restituisce l’immagine più fresca dell’estetica di Dayna Stephens, e suona come la logica prosecuzione di ‘Today Is Tomorrow’, suo predecessore diretto per incisione e concezione.
(Negrodeath)

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