FREE FALL JAZZ

‘… It Was Beauty’ è un’uscita significativa per Orrin Evans, visto che si tratta della sua ventesima produzione da leader nel corso di vent’anni di attività. Visto il livello medio di suoi dischi (non ultime le innumerevoli collaborazioni), è un peccato che il pianista di Philadelphia non sia nella Champion’s League del jazz mondiale di oggi. Sia come sia, il nuovo album si segnala per un paio di aspetti interessanti. Il primo è una formazione inusuale, almeno in alcuni brani. Il trio con contrabbasso e batteria non è una novità, ma mentre le bacchette sono sempre in mano al capace Donald Edwards, al contrabbasso si alternano Eric Revis, Luques Cortis, Ben Wolfe e Alex Claffy. Non solo, perché in ‘African Song’ e ‘Commitment’ il suono si fa più denso e percussivo grazie all’uso di due contrabbassi, che aumentano il groove afro e il colore scuro del gruppo. Al di là di questo, la grande sorpresa è proprio Evans, che stavolta abbandona gran parte del suo caratteristico stile poderoso e tuonante per favorire un approccio rarefatto, leggero, incentrato innanzitutto su un trattamento “spazioso” della melodia. La valorizzazione dei silenzi, le singole note risuonanti e i block-chords ricordano infatti maestri come Ahmad Jamal e Red Garland, rivelando un lato di Orrin Evans ancora poco noto. Una ‘Rockin’ Chair’ rallentata all’inverosimile, con spiazzanti deviazioni ritmiche, è la perfetta rappresentazione di tutto ciò. Ottime pure ‘Black Elk Speaks’, ‘Blues Connotation’ o ‘Dorm Life’, lunghe e interessanti esplorazioni di temi con un’attenta interazione di gruppo che dà grande risalto a dinamica e atmosfera.

Fra i più interessanti album dell’anno appena trascorso, ‘…It Was Beauty’ conferma le grandi qualità di Orrin Evans, fra i migliori esponenti del jazz contemporaneo.
(Negrodeath)

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