FREE FALL JAZZ

Il 2013 segna pure il ritorno di Joe Lovano, alla guida dei suoi fidati Us Five. ‘Cross Culture’ è il terzo lavoro del quintetto, ormai rodatissimo dopo cinque anni di intensa attività. Tuttavia non pensiate che si tratti di un disco fatto col pilota automatico per riavviare la macchina da tour, perché Lovano è al solito un leader attento e curioso, sempre in cerca di interessanti vie espressive che diano prospettive inedite alla propria musica. In questo senso va intesa la ‘cross culture’ del titolo, cioè l’indagine jazzistica di stimoli culturali diversi, in una sorta di ricapitolazione del jazz contemporaneo. Le fondamenta sono in un avanzatissimo post-bop, infatti, ma da lì a percorrere altri sentieri il passo è breve. Su sei brani troviamo la chitarra di Lionel Loueke, che si pone come terzo elemento di dialogo paritario con piano e sassofono: le linee dei tre strumenti sviluppano spesso in contemporanea le premesse melodiche e ritmiche del tema, e la vivacissima sezione ritmica a due batterie offre una vera marea di spunti ai solisti. Lo si nota, per esempio, in ‘Myths And Legends’, dove la conversazione a cinque fra soprano, chitarra, piatti e pianoforte è sì limpida, ma turbata dalle numerose interruzioni e ripartenze sfalsate che creano tensione. In ’11 PM’ l’ardito solo di Lovano si evolve in un intricato scambio sax-chitarra, che a sua volta si dissolve per lasciar spazio al piano obliquo e tortuoso di James Weidman. Su ‘Drum Chant’ le due batterie e una chitarra quasi funk creano un irreale clima africaneggiante su cui il sax vola astratto, quasi svagato, à la Paul Desmond. E naturalmente ci sono pure i brani diretti e aggressivi come la veloce ‘Blessings In May’, ‘Royal Roost’, swingante e incentrata sul registro medio, o una splendida versione di ‘Star-crossed Lovers’ in cui Lovano rievoca il suono vibrante di Paul Gonsalves.

Il bravo e versatile Joe ha fatto di nuovo centro con un disco che non mancherà di soddisfare i palati esigenti, ma allo stesso tempo ascoltabile con piacere pure da parte di chi vuole solo del bel jazz. Non ai livelli di ‘Folk Art’ (per me ancora il miglior parto di questa formazione), ma comunque raccomandato.
(Negrodeath)

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