FREE FALL JAZZ

- “Eh, guarda, ho scoperto un trombettista, Melvin Jones, che…”
- “Oh nini, arìvi èsimo! Elvin Jones, tanto per iniziare suonava la batteria, e poi…”
- “E poi un cavolo! Melvin, MELVIN il trombettista al debutto, non Elvin lo storico batterista!”

Dialogo non vero, ma verosimile: del resto, fra “Melvin” ed “Elvin” cambia solo l’iniziale. Melvin Jones, classe 1979, è un trombettista di Atlanta che ha svolto una consistente carriera di sideman (nei contesti più disparati: da Illinois Jacquet alle Pussycat Dolls e oltre) e di professore di musica al Morehouse College prima di debuttare a proprio nome. Al classicissimo quintetto di base, in cui spicca il tenore robusto e voluminoso di Mace Hibbard, si affiancano di brano in brano cinque diversi ospiti, tutti concittadini e amici del leader. E senza troppi giri di parole, ‘Pivot’ è il tipico disco che spakkkka. Prendendo le mosse dagli esplosivi anni ’60 di Art Blakey e Lee Morgan filtrati attraverso l’esperienza del Wynton Marsalis di ‘Black Codes From The Underground’, Jones ripercorre a suon di jazz tutto il proprio vissuto musicale. Qualche esempio? Troviamo musica caraibica e latina nella struttura ritmica di ‘The Jug-Or-Knot’, veloce e indiavolato missile post-bop, nelle melodie trascinanti di ‘Dizzyspell’, nella pulsazione rilassata e nelle incantevoli linee di flicorno della title track; il gospel in ‘Angels’, che sul finale esplode in una liberatoria improvvisazione collettiva e ben disciplinata (e più vicina alle prassi degli anni ’20 che al free jazz); soul e funk in ‘Philly Time Zone’ (con hammond e basso elettrico a tenere un groove costante) e nella ritmatissima ‘Funkytown Shuffle’ (con fantastici riff a presa rapida e quattro fiati); e tentazioni free nella poderosa ‘Chaos Groove’.

La magnificenza della tromba di Melvin Jones è fuori discussione, una splendida incarnazione moderna della tromba hard figlia di Clifford Brown e Lee Morgan. L’affiatamento con la band è ottimo, in particolare col sax di Hibbard e l’agile, percussivo pianoforte di Louis Heriveaux; un suono d’insieme molto compatto e omogeneo, brani molto vari, una scrittura di equilibrio golsoniano (nel senso di Benny Golson, ovviamente), tantissima energia ed una felice ispirazione fanno il resto. Mentre scrivo queste ultime parole, ‘Pivot’ ha ricevuto cinque nomination per i Grammy Award 2011. Ok, sono premi d’industria e chi se ne frega e non vuol dire niente, però per un musicista all’esordio su una piccola casa discografica è davvero tanto! (Negrodeath)

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