FREE FALL JAZZ

Maurice Brown è uno di quei musicisti tanto iperattivi e iperproduttivi quanto sconosciuti ai più. Forse perché il grosso del suo lavoro si è svolto dietro le quinte come sideman, produttore e arrangiatore per una marea di artisti (Brand New Heavies, The Roots, Tedeschi/Trucks Band, Aretha Franklin…), mentre solo due sono gli album usciti a suo nome. Di questi, ‘The Cycle Of Love’ è il secondo e per certi versi può costituire un gustoso addendum all’articolo HIP BOP 2.0. Perché anche qui possiamo parlare di crossover fra il pianeta jazz e quello hip-hop (e affini), realizzato però coi mezzi del classico quintetto completamente acustico.

Affiancato da giovani musicisti di talento ancora sconosciuti al grande pubblico (del jazz e di tutto il resto), Brown realizza un disco che ha come primo obiettivo la piacevolezza melodica e  la grande cantabilità dei temi, tutti originali e di evidente stampo hip-hop, r&b e soul. I sontuosi arrangiamenti riecheggiano in chiave acustica quelli che ci aspetteremmo di sentire in un bel disco di Erykah Badu o Jill Scott – un ipotetico disco con assolo bellissimi al posto dei cantati. E’ intenzione di Brown, infatti, quella di riportare il jazz al grande pubblico, connettendolo in qualche modo col presente, sonoro e non. Niente di nuovo, è la madre di tutte le guerre. La bravura consiste nello scrivere grande musica che sia accessibile senza scadere nei miasmi dello smooth jazz, e da questo punto di vista ‘The Cycle Of Love’ è un fragoroso successo.

L’eccellente coppia formata da Joe Blaxx (batteria) e Solomon Dorsey (contrabbasso) traduce perfettamente il battito dell’hip-hop nel jazz acustico, col caldo groove del basso e i ritmi sincopati “a scatti” della batteria. Nei brani più soft, tipo la title track, rarefatta e sospesa con fantasmi blues, o le accattivanti ‘Merry Go Round’ e ‘Good Vibrations’ si respira un’aria rilassata, con ampio spazio lasciato all’esplorazione melodica e a lunghi excursus pianistici di stampo soul; il tenore di Derek Gouget tra l’altro esibisce qui un bel suono soffiato. I ritmi meccanici di ‘Time Tick Tok’ (di cui è stato girato un video troppo bello per non essere linkato) e la minacciosa marea funky  di ‘Misunderstood’ invitano invece a ballare, mettendo in mostra il robusto sound à la Lee Morgan di Maurice Brown e la sua efficace interazione con un Gouget ora tagliente e robusto. Jazz e hip-hop raramente sono stati così vicini.
(Negrodeath)

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