Josh Roseman, trombonista, è uno dei musicisti più attivi del foltissimo sottobosco newyorkese, fra collaborazioni e progetti personali. La sua discografia personale, purtroppo, è tutt’altro che nutrita, ma forse perché preferisce la qualità alla quantità . ‘Treats For The Nightwalker’, sua seconda uscita, è un lavoro intrigante e originale: lo si potrebbe chiamare jazz for raving and nightclubbing, non fosse che poi salterebbe su qualcuno a rompere le scatole sulla purezza e la commercialità e l’arte etc etc, e quindi non lo facciamo.
In questi settanta minuti di musica (!) il sestetto base di Roseman viene aumentato da una nutrita serie di ospiti, diversi a seconda del pezzo: organo, tastiere, quartetto d’archi, tromba e flicorno, diveri sassofoni, percussioni, chitarra. Ma al di là degli assoli, comunque bellissimi, a cura di Roseman e dei vari Russell Gunn, Liberty Ellman, Myron Walden, Chris Potter etc, quello che conta realmente è il suono d’insieme. E infatti ‘Treats…’ suona come una gigantesca, interminabile jam di jazz elettrico che parte dagli anni ’70 di Miles Davis (‘Live/Evil’, ‘On The Corner’, ‘Agartha’, ‘Pangea’) e Herbie Hancock (‘Mwandishi’, ‘Sextant’, ‘Headhunters’), passa per le complesse polimetrie dello Steve Coleman dei primi anni ’90 (‘Drop Kick’ e ‘Def Trance Beat’ soprattutto) e getta infine uno sguardo indagatore sul mondo della musica dub, reggae, trip-hop e drum’n'bass.Ci pensa una solida fondazione ritmica, un bel backbeat di marca funk, dub e -hop, ad ancorare i brani a terra. Brani che sono lunghi, onirici, privi di strutture subito evidenti: piuttosto, la loro essenza risiede nella dinamica dell’iridescente suono di gruppo, nelle graduali mutazioni di volume, colore, intensità , nel dedalo di linee melodiche sovrapposte. Ma l’apparente caos nasconde, in realtà , un’organizzazione in “moduli” armonici e ritmici sapientemente connessi gli uni agli altri, e qui di nuovo si potrebbero tirare in ballo Coleman e l’M-Base (con cui Roseman del resto ha suonato). Pezzi come la convulsa ‘Meera’, l’orientaleggiante drone ‘Prospect’, la strepitosa ‘Long Day, Short Night’ dal fantastico arrangiamento reggae guidato dal trombone o il robusto groove della sensuale, languida ‘Are You There?’ dipingono  un universo dinamico fatto di trascinanti poliritmi, fanfare futuristiche e cyber-reggae disciolti in un denso, avvincente magma sonico che è molto più della somma delle parti.
La morale? Segnatevi pure ‘Treats For The Nightwalker’, un trionfo di ritmo, modernità e ambizione, fra i dischi colpevolmente ignorati…
(Negrodeath)