Il successo, seguito in Italia da assurde polemiche, del sassofonosta losangeleno Kamasi Washington ha portato all’attenzione del pubblico il West Coast Get Down, un collettivo di musicisti attivo sulla costa californiana e in studio per vari grandi nomi del soul e dell’hip-hop. Il pianista Cameron Graves, naturalmente, fa parte di questo collettivo e con ‘Planetary Prince’ pubblica il suo primo album direttamente per Mack Avenue. Alla guida di un sestetto con basso elettrico ed espressiva frontline (Philip Dizack alla tromba, Ryan Porter al trombone, Kamasi Washington al sax), Graves si mette mostra innanzitutto per uno stile barocco, esagerato, percussivo e frastornante che porta all’eccesso la lezione di McCoy Tyner, Chick Corea, Don Pullen e Keith Jarrett. Con riff, inarrestabili cascate di note e un continuo utilizzo di brevi frammenti tematici ripetuti e ribattuti con insistenza secondo la logica hip-hop, l’assalto sonico di Cameron Graves non lascia certo indifferenti e probabilmente spaccherà il pubblico in entusiasti e detrattori. Un basso inventivo ed incessante ed una batteria che tira costantemente in avanti la band, di nuovo secondo pattern hip-hop e funk e con una potenza di fuoco quasi metal, completano il micidiale reparto ritmico del gruppo; la frontline disegna temi, melodie, armonie e assoli contribuendo così all’epica narrazione suggerita dai titoli dei brani. Molti potranno lamentare una certa, innegabile, ripetitività di fondo, altri un solismo non troppo fantasioso. Tutte critiche legittime e condivisibili. Eppure sono dell’idea che l’insieme superi la somma delle parti, e ‘Planetary Prince’ alla fine abbia la meglio grazie alla sua incontenibile energia, al servizio di una messa in scena sonora spettacolare e coinvolgente. In fin dei conti, cosa ci potremmo aspettare da un musicista che cita i Meshuggah fra le sue fonti di ispirazione? Album non privo di difetti, in definitiva, ma interessante, per una carriera da tenere d’occhio.
(Negrodeath)