FREE FALL JAZZ

Il nome di W. Eugene Smith potrebbe non dire niente alla maggior parte di noi, ma questo fotografo della celebre rivista Life si occupò a lungo di jazz. Il suo piccolo e malandato locale sulla sesta avenue di Manhattan divenne una piccola oasi per jazzisti, famosi e sconosciuti: un posto per provare, discutere, o anche solo rilassarsi – e dove Smith poteva scattare tante bellissime foto ai musicisti in condizioni ottimali, in relax e spontaneità. Il Jazz Loft di W.E. Smith è oggetto di un documentario che esce proprio in questi giorni. Nelle parole della cartella stampa, pubblicata da JazzTimes:

The Jazz Loft According to W. Eugene Smith, prima pellicola prodotta dai WNYC Studios e diretta da Sara Fishko, immerge gli spettatori nello spazio abitativo non residenziale (e illegale) all’821 della Sesta Avenue, che era diventato un punto di ritrovo per musicisti, sia noti che sconosciuti, che suonavano e passavano tempo insieme lì fino alle ore piccole. Smith lasciò famiglia e lavoro, si trasferì nell’edificio, lo attrezzò per registrare suoni dal piano terra all’ultimo, e cominciò a registrare su nastri da 6.35 millimetri i suoni delle jam session, delle prove e delle chiacchierate, oltre ai programmi radio e tv che ascoltava per gran parte del giorno e della notte. Scattò anche la maggior parte del suo lavoro fotografico dentro, fuori e attorno alla finestra di quello che sarebbe stato conosciuto come il Jazz Loft. Il documentario utilizza selezioni di quell’audio e quelle foto, oltre a nuove interviste coi partecipanti, materiale d’archivio e ricostruzioni per raccontare la storia di quegli anni a New York, e qualcosa del mondo da cui Smith proveniva prima degli anni del Loft.”

Fra gli intervistati il giornalista Sam Stephenson, che ha scoperto e riordinato l’archivio di Smith al Center For Creative Photography ed è pure autore del libro ‘The Jazz Loft Project’, il figlio Patrick Smith, musicisti come Steve Reich, Carla Bley, David Amram e Jason Moran, e il collega Bill Pierce, spesso presente al Loft. Ci auguriamo di vederlo il prima possibile anche noi!

Da JazzTimes, Life e W. Eugene Smith passiamo adesso a Vanity Fair. Proprio in questi giorni la celeberrima rivista ha dedicato un paio di gallerie fotografiche a giovani musicisti che stanno scuotendo il mondo del jazz. Patinato il servizio lo è di sicuro, mentre la scelta dei musicisti non è affatto banale come forse ci saremmo aspettati, con una presunzione a questo punto ingiustificata: accanto a figure più vicine al pop come Esperanza Spalding o Jamison Ross troviamo anche facce note del calibro di Elena Pinderhughes, Luques Curtis, Jonathan Finlayson, Christian Scott, Tivon Pennicot, Linda Oh, Gerald Clayton, Etienne Charles, Ambrose Akinmusire, Marquis Hill, Brandee Younger, Trombone Shorty, Melissa Aldana, Aaron Diehl e l’impresario Meghan Stabile. E, naturalmente, altri ancora che non conosciamo. L’articolo di Vanity Fair, divulgativo e piuttosto accurato, è qui, con la prima galleria. La seconda si trova qui. Oltre al glamour delle foto, inevitabile, val la pena di notare l’ottimismo e l’attenzione per questi giovani, desiderosi di farsi ascoltare e comunicare, lontani da elite e torri d’avorio.
(Negrodeath)

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