FREE FALL JAZZ

Avendo apprezzato lo spigoloso contralto di Brian Hogans sui dischi altrui, mi è parso naturale fiondarmi su ‘Evidence Of Things To Come’, esordio sulla lunga distanza del sassofonista di Atlanta. Del resto, il ragazzo è membro regolare del gruppo di Sean Jones, quindi mica può andare tanto male. Giusto? Anche di più, visto che Hogans per l’occasione è partito in grande stile, con dieci pezzi originali.

L’album oscilla fra brani più veloci e muscolari e altri più ellittici, a tratti cameristici, rivolti ad esplorare colore, equilibri e dinamica. Per sommi capi, una via di mezzo fra l’universo sonoro spumeggiante e brioso di Sean Jones e quello più elusivo, cerebrale e sfuggente di Greg Osby. Affiancato da Aaron Goldberg (piano), Luques Curtis (contrabbasso) e Obed Calvaire (batteria), membri ufficiali del gruppo, e vari ospiti, Brian apre il fuoco con la veloce e complessa ‘Mind Tricks’: un brano a rotta di collo con un Calvaire mozzafiato che stende un tappeto di poliritmi in eterno movimento su cui Hogans vola con destrezza, scegliendo traiettorie impervie e zigzaganti. La successiva title track rallenta il passo e vede un bel dialogo fra il sax e la chitarra di Alex Wintz, vicina a Bill Frisell. Su tre pezzi compare il vocalese di Tammy Scheffer che, in particolare in ‘God’s Love’, strutturata attorno ad un semplice motivo ripetuto di continuo che fa da base per improvvisazioni di intensità crescente, si combina splendidamente col gruppo in un clima sereno e ottimista, ulteriormente colorito dall’arpa di Brandee Younger. L’equilibrio con cui gli assoli di sassofono, piano e basso si intrecciano fa di ‘Balance’ una vera gemma – è questo uno dei migliori esempi dell’Hogans cameristico citato prima, con echi di Jimmy Giuffre e Jim Hall nel fitto interplay in punta di piedi. Dopo la rilassatezza funky di ‘The Dark Room’ c’è tempo per una suite in tre parti, ‘Cloud Nine’, che parte da sonorità scure e rabbiose e termina in pacifica catarsi, con tanto di archi ben utilizzati, secondo un classico percorso di ossessione, conflitto interiore e pace.

Che aggiungere? Brian Hogans dimostra maturità e scioltezza come solista e una notevole autorità da leader, vista l’ammirevole coesione esibita dal gruppo (e dai vari ospiti) per tutta la durata del cd. ‘Evidence Of Things To Come’ è un bel disco, l’avrete inteso, con un bel sound di gruppo e musica originale ed ingegnosa dall’ampia gamma sonora ed espressiva. Ci farei un pensie… ah no, ce l’ho già. (Negrodeath)

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