FREE FALL JAZZ

Quando il sassofonista Arthur Blythe incide ‘Lenox Avenue Breakdown’ ha trentasette anni e un lungo apprendistato alle spalle: ha suonato con Horace Tapscott, Chico Hamilton e Gil Evans e ha già pubblicato due dischi a suo nome. In entrambi si mette in mostra come musicista avventuroso, per certi versi iconoclasta, ma lontano da qualsiasi forma di ermetismo. Emerge soprattutto l’intenzione di rileggere in chiave originale forme e repertorio della tradizione jazzistica, come già stavano facendo musicisti come Henry Threadgill, David Murray Julius Hemphill e Lester Bowie. In ‘Lenox Avenue Breakdown’, Blythe si pone l’obiettivo di dare una rappresentazione musicale di tutta la ricchezza sonora di Harlem (Lenox Avenue è la via principale del quartiere newyorkese) con un organico strumentale inconsueto: il flauto di James Newton in frontline, la chitarra di James Blood Ulmer, la tuba di Bob Stewart, una sezione ritmica deluxe formata da Cecil McBee e Jack DeJohnette. Parte ‘Down San Diego Way’ e siamo nel mezzo di un funk latino infiltrato da una second line di New Orleans, su cui Blythe stende un solo blues duellando amichevolmente con Newton – Ulmer invece viaggia “out”. La band si scompone spesso in unità che dialogano tra loro: in ‘Odessa’, tema à la Ornette Coleman ma più cupo e misterioso, sentiamo una bella improvvisazione contemporanea di sax e contrabbasso, nella grintosa ‘Slidin’ Through’ Stewart e Ulmer si destreggiano attorno al viscerale solo del leader senza mai sopraffarlo, e in entrambe la sezione ritmica elabora un vivace tappeto di riff, ostinati e poliritmi, ancorato agli energici groove funky del contrabbasso.

E’ un vero peccato che la carriera di Arthur Blythe, in seguito, non sia decollata come forse ci si sarebbe aspettato. Questo album resta uno dei più belli degli anni ’70 nonché, in generale, da conoscere per cogliere certi sviluppi di scuola “sintetista” che prolifereranno successivamente.
(Negrodeath)

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