FREE FALL JAZZ

we all came down to Montreux's Articles

È passato qualche giorno ormai. Due, tre, una settimana, un mese? Qui, al reparto di psichiatria intensiva, il tempo scorre inesorabile ma senza ritmo. I dottori mi suggeriscono di scrivere qualcosa. Dicono che mi farà bene. Una frase, un accenno… Ogni sforzo è vano. Ecco che appena inizio a ricordare qualcosa del festival, tutto sembra più bello e leggero, ma quando, guardandomi intorno allibito, scopro di non essere più tra la musica, le bancarelle e il lago, subito ritorno nello stato vegetativo in cui mi trovo da giorni. La sensazione è quella di avere uno Steinway sul petto. Credo però di aver fatto dei progressi. La terapia funziona… L’aver scritto “festival” senza cadere in un baratro di nichilismo cosmico è da considerarsi un gran successo. Dicono che se scrivo è meglio. Dicono che devo sforzarmi, dicono… (Continua a leggere)


Come già sapete, il 4 luglio prossimo prende il via il 47esimo Montreaux Jazz Festival, uno degli eventi Jazz (e dintorni) più attesi e conosciuti dell’anno. Free Fall Jazz sarà presente alla seconda serata: The ACT Night. Eccovi la line-up, due righe sui tre artisti che andranno in scena, giusto per stuzzicare un po’ la vostra curiosità o uccidervi di noia se già siete sul pezzo.

Michael Wollny
Ho già parlato di Michael e del suo eccentrico trio, gli [em], tempo faClasse 1978, in ACT dal 2005, il giovane tetesco vanta molte collaborazioni e performance da leader per un totale di undici album (eggià, undici…). Nonostante l’ancora “breve” carriera, il suo nome riecheggia insieme ad epiteti come “grandioso”, “talentuoso”, “formidabile” e “leggendario” tra i corridoi della critica europea e internazionale. Un personaggio eclettico, ma molto alla mano; un’estetica e un linguaggio dal timbro indefinibile, spiazzante… profondo. Echo Jazz 2010, 2011 e 2013 per ‘Wasted & Wanted’ dei già citati [em]. In questa breve introduzione al personaggio, concedetemi una piccola curiosità: Soggy Loch (fondatore e presidente di ACT), in ogni sua intervista, maldestramente portato a parlare di Esjborn Svensson e della sua triste e prematura scomparsa, parla di Wollny come uno dei principali motivi per cui ancora oggi possiamo parlare di ACT e godere dei grandi artisti che ogni hanno offre sul piatto del sensibile ascoltatore. (Continua a leggere)


Da quando sono un “appassionato di jazz” il nome Montreux si affianca spesso agli ascolti più illustri, avvolgendosi in un’aurea di solenne rispetto. Per la mia ancora acerba esperienza, spiccano su tutti i nomi di Charles Lloyd, Bill Evans, Miles Davis, Count Basie, Charlie Mingus, Archie Shepp, John McLaughlin, Billy Cobham, Joao Gilberto, Tom Jobim, Stevie Ray Vaughan, Abdullah Ibrahim, Chick Corea, Herbie Hancock, Bireli lagrene e i Green Day (Chi!!? Ma che minchia dici?! – Beh, ci sono nel programma di quest’anno… – E che michia è!? “Trova l’intruso” della Settimana Enigmistica??!) e molti altri ancora.

Dal 1967, grazie all’idea di un lungimirante impiegato dell’ufficio turistico appassionato di Jazz (stiamo parlando del da poco compianto Claude Nobs), Montreux si trasforma in una festa colarata e sonante. Un festival per l’esattezza. Una sorta di valhalla per gli appassionati di jazz. Una meta, per noi europei, quasi inarrivabile, irraggiungibile, distante una traversata Atlantica. Già, l’Atlantico: l’oceano delle grandi navi e delle loro big band. Un viaggio dall’altra parte del mondo… Prendere il biglietto, fare scalo, ore e ore di aereo per atterr… come!? Montreux…  mh… Ah, in Svizzera!? Ah, a tre ore e mezza di pandino? Ah… vabbeh, senti… fammi disdire il volo va’… (Continua a leggere)

Dato che per la vastità della materia non basterebbero un numero di vite multiplo di tre a poterne parlare non dico compiutamente ma almeno in modo esaustivo (detto con voce à la Biscardi che in una celebrazione–non celebrazione ci sta sempre bene, appunto perché non c’entra nulla e non è un professorone –espertone –addettone ai lavoroni), mi appello all’articolo 1 comma 1 del codice del Buttalemaniavantismo per far la premessa, bella, simpatica e prolissa, che ne parlerò in modo discontinuo, cazzeggiante e confuso, come è giusto che sia.

Come unico omaggio alla compiutezza, una specie di schema.

Io e Miles a)  La scopertona: la scopertona è infantile o poco più, per meriti non acquisiti sul campo ma per comodo tirare fuori da collezioni familiari. Il bello è che  poi tutto evolve, cambia e si trasforma e vivere un fenomeno come Miles durante la sua stessa vita (almeno per una parte, giusto quei 18 anni circa dalla scopertona alla sua dipartita) attraverso fasi di avidità feroce, poi stasi e distrazione, parziale rifiuto, ri-scopertona, autonoma scelta, rimpianti, rimorsi, varie ed eventuali (che pure ci stanno sempre bene), in una fetta importante di esistenza, ti fa poi essere un tantino meno legata al Miles Fenomeno, quello celebrato, un po’ scontato, classicone, immutabile, proprio come lui NON È STATO.
Seguirlo crescendo mi è servito a non essere immutabile nello stesso gradimento verso di lui, a non diventare una fan cariatide ma una “appassionata scombinata”, liberandomi dalla ortodossia degli “ascolti irrinunciabili”, con quel pizzico di snobismo scemo gnè gnè gnè, quello, per intenderci, del: “chi non lo tiene scagli il primo vinile”. (Continua a leggere)