FREE FALL JAZZ

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918lUzB+ODL._SY355_Che Keith Jarrett abbia da tempo imboccato il viale del tramonto artistico pare non essere più nemmeno un’opinione. Lo dimostra il fatto che l’ECM, la casa discografica che Jarrett stesso ha contribuito a lanciare ormai quasi mezzo secolo fa, rovista tra i molti nastri registrati in suo possesso relativi a concerti dei decenni precedenti, ricchi di grandi prestazioni sue, o delle formazioni con le quali si è esibito nel corso della sua carriera. Questo lavoro appena pubblicato dello Standard Trio, la formazione che con il quartetto americano rappresenta forse il contributo più importante dato da Jarrett al jazz, risale addirittura a vent’anni fa, ossia al 1998, e ha una sua valenza storica al di là dell’eccellente musica contenuta, in quanto rappresenta una delle sue prime esibizioni pubbliche dopo la grave malattia psico-fisica che lo aveva colpito alla fine del 1996, costringendolo ad un momentaneo ritiro dalle scene. (Continua a leggere)

Il cammino di Orrin Evans, talentuoso e prolifico, prosegue anno dopo anno con un’agenda fittissima di concerti ed incisioni, da sideman come da leader. Si tratta ormai di un musicista ben affermato sul piano internazionale, che da anni persegue la via della riaffermazione e del rinnovamento del piano jazz, quello di scuola più che mai nera – non a caso parliamo di uno dei primi sostenitori e teorici della contestata BAM, che comunque trova una delle sue più lucide articolazioni proprio nell’opera di Evans. ‘#knowingishalfthebattle’, scritto così, proprio come un hashtag, è il logico successore del precedente ‘The Evolution Of Oneself’ e vede alla base il trio piano, basso (Lucques Curtis) e batteria (Mark Whitfield jr) a cui si uniscono diversi ospiti a seconda delle necessità. (Continua a leggere)

Fra i molti bravi musicisti contemporanei di cui NON abbiamo ancora mai parlato figura pure Aruan Ortiz, pianista e compositore cubano trapiantato a New York con già un bel numero di collaborazioni e incisioni in carniere – non ultimo il bel ‘Hidden Voices’, in trio con Eric Revis e Gerald Cleaver, pubblicato lo scorso anno e di cui parleremo prossimamente. Intanto, un assaggio dal vivo.


downloadLa scena musicale israeliana con il trentacinquenne pianista e compositore Omer Klein si conferma una delle più rigogliose e creative nel panorama della musica improvvisata contemporanea e del jazz, portando in dote una quantità di protagonisti qualitativamente paragonabili al livello dei migliori esponenti in circolazione sulla scena internazionale. Oltre a Klein, si possono infatti elencare il trombettista Avishai Cohen, con la sorella clarinettista e sassofonista Anat, i pianisti Yonathan Avishai, Shai Maestro e Yaron Herman, i contrabbassisti Omer Avital e Avishai Cohen, il chitarrista Gilad Heckselman, il trombonista Rafi Malkiel (che abbiamo potuto apprezzare ad inizio 2016 a Milano nell’ottetto “latin” di Arturo O’Farrill) e il collega Avi Lebovich (titolare di una eccellente big band composta da giovani talenti israeliani con la quale Klein si è esibito come ospite nell’ultima stagione di Aperitivo in Concerto), il clarinettista Oran Erkin; sono solo alcuni dei nomi già da tempo noti agli appassionati più avveduti. (Continua a leggere)

Il linguaggio musicale possiede caratteristiche tali da renderlo particolarmente adatto ed efficace ad affrontare una molteplicità di temi e sentimenti umani, utilizzando modalità espressive estremamente variegate. Il jazz ha sin dalle sua fondamenta potuto godere di un così vasto intreccio di contributi, tale da permettere al musicista di turno di affrontare certi temi con una flessibilità e trasversalità di culture e di discipline artistiche difficilmente riscontrabili in altri ambiti. (Continua a leggere)

Dopo numerose collaborazioni tra sideman e co-leader ecco il primo disco di esordio come leader del trombonista Filippo Vignato, alla guida di un trio italo-franco-ungherese. Trio formato oltre dal leader al trombone ed elettronica, dal francese Yannick Lestra al fender rhodes e dall’ungherese Attila Gyarfas alla batteria. Come viene indicato da Vignato, nelle note di copertina, è il suono, inteso come respiro plastico, il centro della ricerca di questo lavoro. In effetti tutto si plasma intorno al suono del trombone, nesso tra il respiro e il suono. E’ il trombone, dove respiro e suono si fondono, a creare lo sviluppo di questa ricerca. Scrittura, ricerca musicale e libera improvvisazione fanno da spina dorsale al cd. Ma non solo, numerosi sono gli accenni più o meno velati al rock prog (Provvisorio) o al rock più potente (Stop This Snooze) oppure alla psichedelia (Square Bubbles e Lev & Sveta). (Continua a leggere)

I Ceramic Dog sono l’estroso trio con cui Marc Ribot, Shahzad Ismaily (basso) e Ches Smith (batteria) partono dal jazz per avventurarsi nel rock più impervio e spigoloso. Una band significativa di cui, ahinoi, per ora abbiamo parlato troppo poco. Intanto gustiamoci questo bel concerto francese, visto che a fine mese il chitarrista americano tornerà in Italia!


“Peace Hotel” è il nuovo album del giovane sassofonista Paolo Recchia pubblicato in contemporanea in Giappone, Italia, Olanda e Sati Uniti, prodotto dall’etichetta giapponese Albòre Jazz. Composto da brani originali e standard della tradizione jazzistica totalmente riarrangiati e rivisitati dal sassofonista di Fondi per il trio in versione pianoless e drumless, “Peace Hotel” si contraddistingue per uno stile attento alle dinamiche, fatto di atmosfere calde e misteriose. (Continua a leggere)

David Murray, Geri Allen, Terri Lyne Carrington non hanno certo bisogno di presentazione, presi singolarmente. La notizia sta nel fatto che i tre hanno unito le forze. (Continua a leggere)

Musicista sofisticato e versatile, giunto ormai ad una propria classicità, Matthew Shipp negli ultimi anni sembra incline a concentrare gli sforzi sul formato, a lui particolarmente congeniale, del piano trio. ‘The Conduct Of Jazz’ è il nuovo album e inaugura una nuova formazione, visto che al fedele bassista Michael Bisio si aggiunge ora il veterano della batteria Newman Taylor Baker. Registrato questo cambiamento, il nuovo disco vede Shipp lavorare di fino con tutto il suo vasto armamentario tecnico e compositivo, oltre che con l’enciclopedica conoscenza della storia del piano jazz. E non stupisca il titolo, visto che questo album sembra quasi una dichiarazione d’intenti, del tipo “questa musica si fa così”. (Continua a leggere)