FREE FALL JAZZ

the hoax of the goax's Articles

La storia del jazz è stata raccontata moltissime volte, ormai. I libri sull’argomento si sprecano, più o meno autorevoli, più o meno validi, ma tutti concordi su un assunto di base: che il jazz sia nato in America, che lì abbia articolato la sua storia e che ancora lì abbia il suo maggior serbatoio di talento. E se così non fosse? E’ questa la domanda che si è posto, unico al mondo, Roberto Favollo, giornalista indipendente e musicologo, al momento di scrivere ‘Jazz: Una Storia Segreta’. Partendo dall’assunto che la storia del jazz fosse, nel migliore dei casi, largamente incompleta e nel peggiore una pura e semplice falsificazione per celare interessi occulti, Favollo si è lanciato in una ricerca durata anni in giro per le biblioteche di tutto il mondo, selezionando con attenzione meticolosa tutte le fonti in accordo con la sua teoria, in rispettoso ossequio alla metodologia di Giulietto Chiesa, “maestro spirituale” cui è dedicato il libro. Il primo mito sfatato è quello di Buddy Bolden, mito cui potevano credere solo gli americani e in particolare gli afroamericani che avevano bisogno di qualche idolo, e prova ne sia il fatto che non ne esistano registrazioni, ma poi si va oltre, con testimonianze sparse nel tempo e nello spazio che confutano irrevocabilmente la supposta natura profondamente americana del jazz. (Continua a leggere)

Nell’accogliente sala del Teatro del Gavitello il pubblico italiano ha potuto assistere ad una prima di assoluta rilevanza. Non solo Devin Paglianti viene per la prima volta in Italia, ma lo fa presentando in esclusiva un suo personalissimo, inedito progetto destinato a squadernare per sempre i meandri della musica per come la comprendiamo oggi. Le usuali dicotomie scritto-improvvisato, intenzionale-casuale infatti sono annullate interamente nel suo rivoluzionario The Tombola Conduction. (Continua a leggere)


Qualche tempo fa un amico mi ha chiesto se conoscessi un musicista chiamato Erminio Furlo. No, mai sentito nominare. Bene, mi dice l’amico, si tratta “un jazzista d’avanguardia degli anni ’70 e ha inciso pure un disco oggi rarissimo. Strano, pensavo tu lo sapessi…” Da questa breve discussione mi si apre un mondo: quello, appunto, di Erminio Furlo, misconosciuto eroe del jazz italiano, sperimentatore audace, critico dei luoghi comuni sul jazz e con la testa rivolta sempre avanti, anche ora che è un uomo anziano. L’amico in questione di jazz se ne disinteressa, ma conosce Erminio da anni in quanto amico di famiglia. Il senso di ragno trilla: magari riesco a fargli un’intervista per FFJ! Erminio è un uomo cordiale e risponde subito di sì, così ci troviamo a casa sua, un piccolo rustico fra le colline versiliesi, per un’amabile chiacchierata. (Continua a leggere)

Introduzione
di Negrodeath

Che Miles Davis e Jimi Hendrix fossero stati amici è cosa nota. Che avessero pure l’intenzione di registrare un album insieme, pure. Che questo non sia potuto avvenire per ovvi motivi, ovvero la morte prematura del celebre chitarrista, figuriamoci. Da allora, cioè dal 1970, sono in molti a speculare cosa sarebbe potuto nascere dall’incontro fra i due titani. Pensateci un po’:  Davis, araldo del jazz, genio inquieto e curioso, mai soddisfatto e sempre pronto ad intraprendere nuove strade all’insegna di una personalissima e coerente visione estetica; e Hendrix, rivoluzionario della chitarra rock, perfettamente padrone del blues che deformava attraverso una sensibilità nuova, figlia del tempo ma già protesa ben oltre (è anche per questo che Hendrix, ancora oggi, suona così attuale rispetto a tanta paccottiglia del tempo), nonché uno dei pochi musicisti rock a suscitare l’ammirazione dei jazzisti. Non era un segreto che Hendrix volesse provare nuove vie caratterizzate da lunghe improvvisazioni collettive in forma di estese jam – lo testimonia pure il bellissimo live della Band Of Gypsies, uscito postumo. Miles Davis, nella sua autobiografia, dice chiaro e tondo che lui e Jimi avevano provato insieme più di una volta. “Chissà che avranno suonato…?” Bene, a quanto pare è finalmente arrivata la risposta, più precisamente da Malibu, dalla villa dove Miles ha abitato dal 1983 fino alla morte. Di recente la casa è stata venduta, e fin qui non ci sarebbe niente di interessante. Ma adesso entra in gioco la figura, tanto enigmatica quanto affascinante, di Sivad. (Continua a leggere)