FREE FALL JAZZ

resistenza antiriccardona's Articles

Il tizio coi capelli rossi ripreso nel monitor raffigurato qui sopra è Dave Mustaine, leader dei Megadeth.

Se non siete pratici di heavy metal, ecco un bignami del personaggio in questione: ha pubblicato alcuni acclamati capolavori del genere ma, soprattutto, per anni si è costruito una meritata fama da cacacazzi di serie A, capace di insultare o buttare le mani con foga da bulletto di Tor Bella Monaca solo perchè quella mattina si è svegliato con la luna di traverso. Da quando ci ha dato un taglio con alcool e sostanze psicotrope apre bocca soprattutto per sbandierare ai quattro venti la propria fede da born again christian o lanciarsi in bislacche teorie complottiste. La qualità dei suoi dischi è intanto colata più o meno a picco.

La longa manus è quella dei soliti mattacchioni di Funny Or Die: in un video che parodizza gli spot della catena d’abbigliamento maschile Men’s Wearhouse, vediamo il suddetto Mustaine consigliare il suo ultimo disco a un ragazzo che deve “caricarsi” in vista di un colloquio di lavoro.

E poi, all’improvviso, Kenny G…

Ancora una volta sarà il miglior momento della vostra settimana, garantito. Chi volesse recuperare le puntate precedenti della saga può cliccare qui e qui.

Lo apprendiamo ahinoi solo ora dal Guardian e citiamo pari pari il titolo del loro articolo, troppo bello per lanciarci in traduzioni o alternative.

I fatti sono questi: la Guardia Civil spagnola (gruppo militare equivalente ai nostri Carabinieri) si è presentata al Siguenza Jazz Festival (del 2009) durante l’esibizione del morbido Larry Ochs dopo aver ricevuto la denuncia di uno spettatore, secondo cui la musica del sassofonista americano “si trova dalla parte sbagliata della linea che divide il jazz dalla musica contemporanea”.

No, non è uno scherzo. L’adirato astante avrebbe anche aggiunto che, secondo il proprio medico, per lui sarebbe “psicologicamente sconsigliato ascoltare qualunque cosa possa essere scambiata per becera musica contemporanea”.

La denuncia sarebbe scattata in seguito al rifiuto dell’organizzazione di rimborsare il biglietto al tizio di cui sopra: “Il gentile signore ha detto di volere i soldi indietro perchè questo non è jazz - ha spiegato Ricardo Checa, direttore della manifestazione – Ma non riceverà un euro, visto che sapeva bene quali musicisti si sarebbero esibiti: i loro nomi erano chiaramente pubblicizzati su ogni programma”.

Qualcuno adesso si premuri di rintracciare questo sfortunato signore: la sua denuncia non sarà andata a buon fine, ma noi moriamo dalla voglia di fargli conoscere Renzo Arbore. (Nico Toscani)

I’m Kenny G, and I love the internet.

Non bastavano già due perle come lo spot Audi e il cameo nel video di Katy Perry, Kenny G ormai mira senza ritegno al riscatto sociale completo. Stavolta gli artefici sono quei mattacchioni di Funny Or Die, che convincono il ricciolone più amato dai riccardoni a girare un video in cui passa in rasegna una serie di tormentoni di internet: “Venni contattato da una giovane coppia di registi - spiega Kenny in un articolo su Jazztimes.com - che voleva fare una storia su di me. Durante i lavori a un certo punto mi chiesero: ‘Vuoi fare un video simpatico oggi? Sarebbe divertentissimo se ti mettessi a fare un po’ di Tebowing‘. E io: ‘Davvero sarebbe divertente?’. ‘Come no’, risposero loro: lo filmammo e da lì partì tutto’. Il devastante risultato s’intitola ‘Kenny G Loves The Internet’ e potete vederlo qui sotto. Ancora una volta sarà il momento migliore della vostra settimana, garantito.

Di questo passo potrebbe davvero convincerci a comprare un disco coi riccioloni in copertina. Stima imperitura. (Continua a leggere)

Come molti della mia generazione, ho conosciuto Joe Jackson grazie alla cover di ‘Got The Time’ fatta dagli Anthrax. Da allora ho sempre provato la massima simpatia per Joe, musicista pop inglese difficile da incasellare e da sempre innamorato del jazz (vedasi il suo classico lp  ’Night And Day’). Quest’anno arriva nei negozi ‘The Duke’, un nuovo album interamente dedicato a… riletture ellingtoniane, proprio così. Per l’operazione Jackson non ha badato a spese, assemblando un cast di musicisti molto eterogeneo: da jazzisti di fascia altissima (Regina Carter e Christian McBride) al chitarrista riccardone Steve Vai a ?uestlove dei grandi The Roots per finire con Iggy Pop, ex ragazzaccio terribile riconvertitosi con successo in icona glamour per tutte le stagioni – e qui citiamo giusto i più noti. La cosa non dovrebbe sorprendere, perché più volte il cantante ha parlato di Ellington come del suo compositore preferito assieme a George Gershwin e Cole Porter. (Continua a leggere)

Il pubblico. Passano gli anni e a volte dei concerti li ricordi più per quello che accade sotto il palco anziché sopra. Ieri sera i segnali puntavano in quella direzione fin dall’inizio, quando tra la folla si sono fatti strada i volti di numerosi cultori del bel suono di mia conoscenza, raduno di riccardoni impenitenti che al termine dei numeri più funambolici degli strumentisti si lanciavano in cori “GI-NO! GI-NO!” modello quei ragazzi della curva B. (Continua a leggere)

So che un critico, forse il mitico Arrigo Polillo, definì una volta i musicisti della vecchia guarda e della swing era “la riserva aurea del jazz”. In effetti, spesso e volentieri bastava metterli assieme in lunghe jam session per ritrovarsi fra le mani dell’ottima musica. Norman Granz, storico impresario, queste cose doveva saperle bene quando fondò la Pablo Records, un’etichetta con cui dare ancora spazio ai vecchi leoni nei problematici anni ’70. Fra le prime uscite per Pablo troviamo ‘Basie Jam’ del ’73, una sessione di blues guidata dal vecchio Basie, che certo non ha alcun bisogno di presentazioni.

Non si tratta di un album con l’orchestra al completo: radunato un ottetto di swinger e bopper come Zoot Sims, Lockjaw Davis, Louis Bellson, Harry Edison, Ray Brown, JJ Johnson e Irving Ashby, Basie lo guida attraverso cinque lunghi blues. Si parte subito in quinta, dopo una breve intro di piano, con la veloce ‘Doubling Blues’, ci si rilassa con lo swingante tempo medio di ‘Hanging Out’, si riprende volentieri quota con ‘One Nighter’ e ‘Freeport Blues’. La materia di ‘Basie Jam’ è dunque la pietra angolare del jazz stesso, e qui dentro risplende di tutta la bellezza del suono più classico che ci sia, grazie alla batteria potente e sottile di Bellson, al basso legnoso di Ray Brown, ai tenori grassi e voluminosi di Davis e Sims (qui più ‘hot’ del suo solito), alla chitarra graffiante di Ashby, al meraviglioso trombone rotondo di Johnson e, ovviamente, al grande capo, che si sdoppia fra piano e organo. (Continua a leggere)