FREE FALL JAZZ

Planetary Unknown's Articles

“L’idea è di fare un secondo album entro la fine del 2012, dovrebbe essere una registrazione dal vivo”: David S. Ware ce lo aveva anticipato nella nostra intervista dello scorso Gennaio. Quel che non sapevamo, è che la registrazione live era già “in cassaforte”, ossia l’incendiaria partecipazione del quartetto Planetary Unknown al Saalfelden del 2011, che vede appunto oggi la luce in versione integrale grazie alla solita AUM Fidelity. Ai più attenti in realtà non suonerà tutto completamente nuovo: lo scorso 27 Marzo parte del concerto (nello specifico i 33 minuti della traccia d’apertura, ‘Precessional 1’) è stata infatti trasmessa dalla nostra Radio 3. Rispetto a quel cospicuo assaggio, la versione su CD si arricchisce di due ulteriori tracce (stesso titolo della prima, ma numerate progressivamente) che alzano la durata complessiva a circa 65 minuti.

I tre movimenti di cui si compone il lavoro seguono la scia dell’ottimo ‘Planetary Unknown’ di dodici mesi fa, continuando a sfruttare lo stesso approccio basato sull’improvvisazione (cosa relativamente insolita per Ware, quasi sempre rimasto fedele alla scrittura). La citata ‘Precessional 1’ è forse anche quella più indicativa della loro marca di free jazz: parte in quarta e per quindici minuti procede a rotta di collo, senza un attimo di tregua. (Continua a leggere)

Di e con David S. Ware abbiamo già ampiamente parlato, e se ci seguite saprete anche quanto abbiamo apprezzato ‘Planetary Unknown’, di certo tra le uscite più interessanti dello scorso anno, ci fa dunque tanto piacere apprendere che questa sera (27 Marzo, lo specifichiamo perché i post in effetti non sono datati) la sempre ottima Radio 3 trasmetterà la registrazione di un concerto tenuto in Austria (a Saalfelden) lo scorso 27 Agosto. Come su disco, il sax di Ware sarà accompagnato da tre compagni d’eccezione come Cooper-Moore (piano), William Parker (basso) e Muhammad Ali (batteria).

L’appuntamento è per le 20:30, in apertura verrà trasmessa l’esibizione del trio Dave Burrell – Steve Swell – Michael Formanek tenutasi al Poisson Rouge di New York lo scorso 10 Settembre per il Crosscurrent 3 Festival. Al solito, disponibile in AM/FM, tramite decoder digitale terrestre o in streaming sul sito.


‘Planetary Unknown’ è stata una delle note più liete dell’anno appena trascorso. Non solo dal punto di vista musicale, per l’ennesima buona prova di musicisti che ormai da tempo sono garanzia di qualità, quanto anche per la gioia di rivedere con un sassofono tra le labbra il leader di quella formazione, David S. Ware, reduce da un delicato trapianto di rene. Che della sua musica ne avremmo riparlato a fondo l’avevamo promesso al tempo del suo documentario ‘A World Of Music’, e dunque quale migliore occasione di un’approfondita intervista? Per chi non fosse particolarmente familiare con la sua proposta, possiamo innanzitutto dire che Ware va inquadrato in quel gruppo di musicisti che hanno animato la scena free newyorkese tra la fine degli anni ’60 e il decennio successivo, differenziandosi però da molti colleghi per una ricerca sonora che non perde mai troppo di vista l’amore per la melodia. Collaborazioni importanti con Cecil Taylor e Andrew Cyrille hanno contribuito a forgiarne quello stile personale e riconoscibilissimo sbocciato poi definitivamente nei lavori pubblicati a suo nome. Inizialmente in trio, è col quartetto che Ware trova infine la quadratura del cerchio: a fargli (più o meno regolarmente) compagnia pezzi da novanta come il fido William Parker al basso e il pianista Matthew Shipp, più uno stuolo di batteristi tra i quali Susie Ibarra e Muhammad Ali, per dirne solo due. È forse ‘Flight Of I’ del 1992 il più rappresentativo di una discografia ricca di titoli di qualità, la quale, come egli stesso ribadisce durante l’intervista, resta prova concreta di come free jazz e tradizione siano concetti tutt’altro che antipodici.

Cos’è per te, il jazz?
Un modo per esprimere sé stessi attraverso uno strumento musicale in maniera armoniosa, ma anche molto creativa. La creatività ne è la parte più grande: per quanto possibile, uno dovrebbe cercare di non ripetersi. È qualcosa di universale, il jazz. Può elevare il tuo spirito.

È per questo che la spiritualità è un tema così ricorrente nella tua musica come in quella di molti altri jazzisti, da Coltrane a Sanders, passando per Ayler e Sun Ra?
La spiritualità si manifesta attraverso ognuno, indistintamente, magari non sempre allo stesso modo. I musicisti non fanno eccezione, chiaro. E poi dà un senso ad ogni cosa: senza di essa, nulla ha significato. È la base di tutto. (Continua a leggere)