Se avete un profilo Facebook e tra le vostre conoscenze figurano individui d’età compresa tra i 20 e i 35 anni (ma diciamo pure 40), sono pronto a scommettere che avete le scatole disintegrate dai terrificanti post sul concerto dei Radiohead – roba con un hype che manco la resurrezione di Cristo – e il vostro sogno neanche troppo recondito sarebbe stato di presentarvi ieri sera all’ippodromo delle Capannelle equipaggiati come Schwarzenegger in ‘Commando’ e uscire qualche ora dopo su tutti i telegiornali. Noi però abbiamo tenuto a bada certi istinti e ieri sera siamo andati a vedere Pomigliano Jazz che riapre i battenti (giunto ormai alla sua diciassettesima edizione), seppur in una location ridimensionata rispetto agli anni scorsi. (Continua a leggere)
Succede che una mattina ti alzi e scopri che sta arrivando in pompa magna un nuovo disco di Bollani. Un disco che in realtà è nuovo solo per l’Italia, ché per il mercato giapponese era già uscito dieci anni prima, contribuendo alla consacrazione del pianista nostrano anche presso il pubblico dagli occhi a mandorla. Quel disco, ‘Volare’, io l’ho ascoltato: se volete saperlo, incarna alla perfezione il prototipo del suono jazz “sterilizzato” a cui faceva già cenno l’amico Negrodeath in un articolo di qualche tempo fa. (Continua a leggere)