FREE FALL JAZZ

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Tia Fuller ci piace ed è un’idola (o idolessa) personale. Già abbiamo parlato strabene di due album, ma ci erano sempre mancati dei video. Fra i tanti disponibili in rete, colpisce questo, registrato dal pubblico a New York due anni fa con suggestive luci azzurre e ottima qualità sonora. E, ovviamente, musica strepitosa ad alta energia, perfetta per rallegrare un 25 Aprile solitamente funestato da lugubri cantautori.


Un titolo come ‘Angelic Warrior’ fa pensare a qualche terribile band AOR di second’ordine, però abbassate le armi, si tratta solo di una notarella stupida per fare una battutina. Perché il quarto album di Tia Fuller è a dir poco eccellente, forse addirittura meglio dei già ottimi predecessori. La ricetta è sempre la solita, il post-bop contemporaneo, dove l’aggettivo “contemporaneo” merita qualche parola in più. Si può parlare da un lato di eclettismo, per le diverse soluzioni adottate nei vari brani (la maggior parte originali), dall’altro di immersione nelle moderne sonorità della musica nera contemporanea (soul, funk, r’n'b, hip-hop, latin). Non è un percorso originale in assoluto, visto che lo praticano altri musicisti della stessa età, da Marcus Strickland a Ben Williams a Russel Gunn a Jason Moran ad altri ancora. E’ però la più praticabile via al rinnovamento sonoro del mainstream, quella che consente una rigenerazione del sound connettendolo con l’attualità senza perdere, allo stesso tempo, il piacere dell’ascolto e il legame con la storia del jazz. In quest’ottica Tia Fuller è ormai una maestra che meriterebbe ben altra considerazione. (Continua a leggere)

Ci siamo già occupati della sassofonista Tia Fuller con la recensione del bellissimo ‘Decisive Steps’, e torneremo ad occuparcene a Settembre, dopo che sarà uscito il suo nuovo album ‘Angelic Warrior’. Un titolo da band AOR, ne conveniamo, che però promette davvero bene: già, perché le vie di internet tendono a infinito, e abbiamo trovato un’anticipazione fatta di quattro brani completi. Una particolarità: la frontline comprende, oltre ai sassofoni della leader, John Patitucci al ‘piccolo bass’ (e qui la mente vola ai Manowar), un accorgimento simile a quanto proposto con successo da Nat Adderley ai tempi del classico ‘Work Song’ che schierava il violoncello pizzicato in frontline.

Ma bando alle cianche, qui trovate i clip di ‘Angelic Warrior’. Buon ascolto!

Due settimane fa c’è stato un interessante dibattito su jazz e informazione. L’avvio l’ha dato A Proposito di Jazz con alcune recensioni dell’appena trascorso Festival di Bergamo. Recensioni che hanno lasciato interdetti alcuni lettori e che hanno dato l’avvio a una discussione interessante, principalmente su Mondo Jazz (post 1, post 2, post 3 e relativi commenti), con una piccola coda su Mi Piace Il Jazz. Il putiferio vero e proprio nasce quando il nuovo direttore di Musica Jazz, nei commenti, ha detto che un pezzo del genere lui non l’avrebbe mai pubblicato. E’ la nuova incarnazione di un vecchio e annoso problema della libertà del web, quell’immensa distesa disseminata d’informazione gratuita ma in cui occorre tanta cautela e spirito critico per separare il grano dal loglio (io non ci riuscirei: non ho mai visto in vita mia il loglio). La questione alla fine è tutta qui, generalizzando un po’ in fretta: web vs. carta stampata. Ovvero, quale ramo della “critica jazz” sia più autorevole nel 2012, quello tradizionale della carta stampa e delle riviste (in Italia due, Musica Jazz e JazzIt), e quello dei siti, dei blog, delle webzine, di cui pure noialtri facciamo parte. Messa così parrebbe una difesa, noi parte lesa che attacchiamo la cattiva carta stampata. In realtà ci sono alcuni luoghi comuni che sarebbe il caso di polverizzare, sul tema dell’autorevolezza. (Continua a leggere)