La condivisione di un brano da parte di un amico comune, la ricerca su Spotify, la decisione di acquistare il cd dopo qualche ascolto, la full immersion, la recensione: questo il modo in cui ho scoperto Keith Brown e la sua musica. Un modo in realtà piuttosto tipico ormai, ma a cui alcuni non vogliono arrendersi, persi nella nostalgia dei bei tempi andati, del negozio di dischi, della radio e della rivista. Pazienza, quel mondo è crollato, ora bisogna cercare e trovare le perle – che, fortunatamente, non sono nemmeno poche, in un periodo ricco di fermento. (Continua a leggere)
Figlio di Donald, uno degli innumerevoli talenti scoperti da Art Blakey, e come lui pianista, Keith Brown non è un nome molto conosciuto. Ha lavorato come session man in vari ambiti della black music, dal soul al jazz, e ha già inciso un buon disco in trio pochi anni fa. Con ‘The Journey’, il giovane Brown alza il tiro e ci offre un lavoro ambizioso, un vero e proprio viaggio attraverso tutte le proprie esperienze di musicista, sintetizzate in un freschissimo jazz dal taglio contemporaneo, innervato di soul, neo-soul, funk, hip-hop – colori, melodie, ritmi e arrangiamenti parlano chiaro, anche se il gruppo è spesso e volentieri acustico. Da questo punto di vista, possiamo pensare a punti di riferimento come Lafayette Gilchrist e soprattutto Russell Gunn, due veri e propri maestri anticipatori nella sintesi fra jazz e resto della musica nera contemporanea. (Continua a leggere)