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if the Scatman can do it so can you's Articles

L’anno era il 1995. Forse l’ultimo della stagione d’oro della cosiddetta eurodance, che di lì a poco avrebbe sparato i fuochi conclusivi. In mezzo a tante canzoni che impazzavano tra radio, TV e discoteche ce n’era una in particolare che si distingueva dalle altre, e non c’è bisogno di chissà quale memoria per ricordarla. Non la cantavano ragazze dalla voce squillante né qualche nerboruto rapper: l’insolito interprete era un signore sulla cinquantina dall’aria simpatica, riconoscibilissimo per la Fedora alla Tom Landry sempre incollata sul cranio e il baffo pronunciato modello birra Moretti. Su quella base fatta su misura per le piste da ballo dell’epoca, costui si esibiva in attorciglianti scioglilingua in stile scat, e infatti si presentava con un nome che era tutto un programma: Scatman John. I milioni li fece con un ritornello martellante che per tutti era una cosa tipo bi bo bo bo bobò (scopro solo oggi che, a quanto pare, diceva ski ba bop ba dop dop. Potenza dell’internet), completato da un testo motivational (“Don’t let nothin’ hold you back / If the Scatman can do it so can you”) che spiegava come quel tipo di cantato jazz avesse aiutato lui, balbuziente, ad accettare quel difetto di pronuncia che per anni l’aveva condizionato, spingendolo persino a un passo dal baratro: “Avevo così tanta vergogna della mia balbuzie che per anni mi sono quasi ucciso con alcool e droghe”, rivelava in un’intervista. (Continua a leggere)