Le recenti notizie a proposito del ritiro dalle scene di Aretha Franklin e Gary Burton mi hanno fatto pensare, oltre alla serietà e responsabilità di decisioni come queste, a come invece nel nostro paese certi jazzisti sfiatati sopravvalutati oltre la decenza da una narrazione nazional-nazionalistica sistematicamente mistificatoria e che esibiscono ormai sul palco per lo più imbarazzanti stecche e lagne aritmiche prive di qualsiasi barlume di creatività , si guardino bene dal solo pensare ad azioni dignitose del genere, lasciando spazio alle giovani leve, comportandosi esattamente allo stesso modo dei molti nostri politici che occupano scranni parlamentari e posti di potere in eterno, riproponendosi anche dopo acclarati fallimenti della loro azione politica (per non dire altro di peggio). (Continua a leggere)
Il concetto di All-Star Band non è certo una novità . Si tratta, anzi, di una prassi ben consolidata nel mondo del jazz, iniziata con ogni probabilità dalla Verve come riflesso dei tour Jazz At The Philarmonic organizzati da Norman Granz. Altri tempi e altre platee per questa musica, certo, ma il concetto non è necessariamente da buttar via. Non sorprenderà che sia, oggi, proprio la Mack Avenue a rispolverare l’idea, assemblando una Superband con figure chiave del proprio parterre di artisti: l’etichetta di Detroit è portavoce di un jazz mainstream sofisticato e ricco, ma quasi sempre accessibile, proprio come la Verve. La Superband ne diventa il biglietto da visita, rigorosamente dal vivo, sul palco ovviamente ma pure su disco, come testimoniano i live registrati dal 2012 a oggi. (Continua a leggere)
Freghiamo il nome per questa nuova rubrica più o meno regolare a uno dei dischi di Billy Cobham nella sua fase più riccardona (di cui prossimamente vi accenneremo pure in un’altra rubrica, chiediamo scusa in anticipo), nonché a un disco di Gary Burton ascrivibile, seppure in misura minore, alla medesima “categoria concettuale”: spero ci perdonino. Il nocciolo della questione è video seri per gente seria, e iniziamo la rassegna con un giovane Bill Cosby che parla di batteria jazz. Che poi è anche un modo per risarcire moralmente quelli che, come noi, sono rimasti traumatizzati nello scoprire che in America i Robinson facevano di cognome Huxtable.