FREE FALL JAZZ

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Originale proposta musicale, quella di Alberto La Neve, sia nella forma che nei contenuti. Un concept album, chiaramente ispirato a Otto Lidenbrock, protagonista del Viaggio al centro della terra di Jules Verne. È diviso in quattro parti, Dèpart, Islande, Sneffels e Retour e interamente composto dal Sassofonista cosentino. Elettronica, loop machine e effetti sono il fulcro del linguaggio. È attraverso essi che la poetica e l’estetica dell’autore si manifestano in sonorità tenui, addolcite dalla splendida vocalità di Fabiana Dota. La scelta compositiva verte soprattutto sull’uso di linee melodiche poco elaborate e ben definite, siano esse al basso o proposte come tema principale. Ampio spazio è lasciato all’improvisazione, che cerca di non abbandonare mai un lirismo che caratterizza tutta l’opera. (Continua a leggere)

La mente dietro gli Star Hip Troopers è il DJ capitolino Mess Morize, che se frequentate certi territori sonori forse ricorderete come DJ Knuf: non certo il primo nome che verrebbe in mente di trovare su un sito jazz. E infatti ‘Planet E’ non è un disco jazz, ma un disco di musica elettronica. Su cui però suonano dei jazzisti. L’idea è semplice: Mess Morize ha radunato attorno a sé una piccola truppa formata da nomi ben noti nell’ambiente tricolore come i sassofonisti Piero Delle Monache, Francesco Bearzatti e Raffaele Casarano, il trombettista Luca Aquino, il trombonista Mauro Ottolini, il contrabbassista Riccardo Gola e il pianista Claudio Filippini, cercando di condire con i loro strumenti acustici le sue manipolazioni elettroniche che richiamano ora gli Autechre, ora gli Air, finanche certo dub. (Continua a leggere)


“Quale musica può rappresentare il mondo contemporaneo? Senza dubbio dovrebbe essere una musica moderna, una musica che affonda le sue radici nella realtà quotidiana, che rende conto dei rivolgimenti sociali e del fatto che la gran massa del pubblico non sa che farsene della musica. Nello stesso tempo dovrebbe anche — come ogni verità — avere qualcosa di sensazionale, e a tal fine basterebbe che questa musica non fosse falsa, come lo è invece quella che circola ora nella vita culturale, che impone al pubblico falsi sentimenti e relazioni, e costituisce un perenne ostacolo ai rapporti fra l’uomo e il suo tempo”. (Fred K. Prieberg, Musica Ex Machina, Berlino, 1960)

Questa domanda, posta all’apertura del sito di Setola di Maiale, è anche parte del manifesto estetico di Stefano Giust e Paolo De Piaggi, menti dell’etichetta nata nel 1993 dalla loro necessità di creare musica non vincolata alle logiche di mercato, nonché per dare la possibilità ad artisti al di fuori del circuito “istituzionale” della musica di dare corpo alle proprie ricerche non disperdendo il lavoro fatto. Eh sì, perché Setola non riguarda solo i musicisti di estrazione prevalentemente jazzistica, ma anche della musica contemporanea nell’accezione più ampia del termine, come evidenziato nella pagina web di apertura: musica improvvisata, sperimentale, elettronica. Mi viene in mente solo un’altra etichetta che, coraggiosamente, negli anni ’70 propose un catalogo così impegnativo: la ICTUS di Andrea Centazzo. (Continua a leggere)

I loro nomi forse vi suoneranno nuovi, ma Paolo Tognola e Andrea Ponzoni hanno sana gavetta alle spalle e buone esperienze in curriculum (il primo ha studiato improvvisazione presso il Monk Institute di New York, il secondo ha precedenti in ambito di musica elettronica e un background da ingegnere del suono). L’idea alla base di ‘FreejazzLIVElectronics’, loro prima uscita in coppia (non disponibile ‘fisicamente’ ma scaricabile gratis da Jamendo), è quanto di più semplice: due persone che fanno musica “on the spot”.

Due i brani (intitolati semplicemente ‘Part 1’ e ‘Part 2’) per un totale di circa 25 minuti, in cui le improvvisazioni pianistiche di Tognola, dallo stile memore di Cecil Taylor, vanno a braccetto con i riverberi, le distorsioni e le atmosfere ambient create in tempo reale da Ponzoni. Nel primo episodio i due non interagiscono molto, preferendo cedersi vicendevolmente la scena (intro ambient, improvvisazioni pianistiche, parentesi elettronica e via così); nel secondo, dai ritmi più serrati, cambiano invece le carte in tavola, e i due elementi danno vita a intrecci suggestivi.

In attesa di scoprire se si tratta di un progetto estemporaneo o delle fondamenta per qualcosa di magari più articolato, un ascolto è consigliato a tutti gli amanti delle sonorità meno convenzionali. (Nico Toscani)