FREE FALL JAZZ

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Assieme a Verve, Prestige, Riverside e Okeh, la Blue Note è una delle etichette entrate nella mitologia del jazz al pari dei musicisti stessi. Si tratta, molto probabilmente, anche della più amata, al punto che un libro sulla sua storia era ormai inevitabile. Un libro, appunto, come questo.

Richard Cook narra la scommessa di due giovani appassionati di musica, Albert Lion e Francis Wolff,  partiti molto cauti con l’idea di dare uno spazio alle piccole formazioni dei jazzisti della swing era durante gli anni del bebop, trovatisi a produrre per primi Thelonius Monk, e poi decollati oltre ogni aspettativa. Ecco quindi l’epopea di Lion e Wolff, infaticabili documentaristi dell’hard bop a cavallo fra gli anni ’50 e ’60 grazie ad un enorme fiuto di talent scout e ad idee ben precise su cosa produrre, ovvero musica che avesse i piedi ben pientati nel continuum della musica negramericana, che spingesse, che avesse ritmo – quella che innanzitutto piaceva a loro. Ecco i retroscena dietro ai best seller, come Horace Silver (di fatto, l’uomo che forgiò il tipico “Blue Note Sound”), Art Blakey, Lee Morgan, Jimmy Smith, Lou Donaldson e Freddie Hubbard, e quelli dietro agli artisti meno fortunati come Tina Brooks, Freddie Redd, Baby Face Willette. Ecco il ritorno dall’oblio di un gigante come Dexter Gordon e l’importante figura di Duke Pearson, pianista, compositore e direttore artistico.
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