Qualche tempo fa si è tenuta la miliardesima edizione del Festival di Sanremo, con tutto il solito regolare codazzo di polemiche, favoriti, sfavorite, nuove proposte, vecchie mummie e chi più ne ha più ne metta. Niente di diverso dalle edizioni passate né, vien da pensare, da quelle future. Nell’edizione 2016 ha fatto scalpore la presenza di un musicista in particolare, Enzo Bosso, pianista e compositore, purtroppo affetto da SLA a soli 44 anni. (Continua a leggere)
Proprio qualche giorno fa, in un dialogo virtuale tra me e altri due prodi imbrattapagine di FFJ come Negrodeath e Maurizio, si parlava delle esibizioni dal vivo di Steve Coleman, uno che si è ormai consolidato la fama di musicista capace di alternare serate superlative ad altre in cui sembra limitarsi a svolgere il compitino o poco più. Maurizio raccontava di averlo appena visto a Saalfelden in un set dall’approccio piuttosto scolastico, il che mi metteva addosso la giusta dose di ansia, visto che io Coleman avrei dovuto vederlo a Pomigliano Jazz poco dopo. Quale versione mi sarei trovato davanti? (Continua a leggere)
Basta, non se ne può più. Mistificazioni sul jazz spacciate per autentica informazione culturale ormai se ne leggono in continuazione, ma quella faccenda che si protrae da sin troppo tempo di Nick La Rocca e la supposta primogenia italica del jazz, spacciata per fatto assodato, che va avanti da alcuni anni con la compiacenza di organi di stampa nazionali e del servizio pubblico televisivo, è davvero non tollerabile oltre, quanto per altri versi sintomatica dello stato di incultura musicale e jazzistica coltivata e raggiunta dal nostro paese. (Continua a leggere)
Se per caso non vi fosse bastata la spedizione di Joe Jackson nelle lande di Ellingtonia, non preoccupatevi: il mese prossimo esce ‘The Jazz Age’, album in cui Bryan Ferry rivisita in chiave jazz successi del suo passato, solista & coi Roxy Music. La copertina riecheggia i manifesti di Winold Reiss, e di riflesso gli anni della Harlem Renaissance, quindi di quella musica che suonano i musicisti saggi e maturi, o meglio vecchi, quando non morti, insomma il jazz. E già qui son pernacchie, ma vabbeh. Apprendiamo dalla cartella stampa che Bryan Ferry è sempre stato collegato al mondo del jazz, grazie alla sua immagine da squalo dei cocktail bar (e nei cocktail bar cosa si ascolta?). Forte di queste credenziali, roba da far impallidire Louis Armstrong, Bryan ha assemblato un’orchestra di top giezzs musicscianzs per creare nuove versioni orchestral-jazz del suo vecchio repertorio. “Più di recente sono ritornato alle radici, alla stravagante e meravigliosa musica degli anni ’20 – la decade diventata famosa come Età del Jazz. [...] Dopo quarant’anni di musica, sia con che senza i Roxy Music, ho pensato che ora potrebbe essere un momento interessante per rivisitare alcune di quelle canzoni, e di trattarle come brani strumentali di quel magico periodo.” (Continua a leggere)