FREE FALL JAZZ

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Oggi affrontiamo un tema tabù, relativo ad un musicista-totem per molti improvvisatori delle avanguardie europee, da loro molto stimato, ma che a mio modo di vedere (e non solo, come vedremo più sotto)  non è propriamente considerabile un jazzista. Il che può significare poco o nulla. Si può essere dei grandi musicisti e compositori senza essere dei jazzisti, l’importante è non far confusione, come invece regolarmente accade e per ragioni non sempre chiarissime. (Continua a leggere)

Ecco uno di quei concerti che fanno discutere gli appassionati alla fine dell’esibizione: siamo in presenza di un genio o di un bluff??? Qualcuno forse obietterà fortemente, ma la vivacità della musica è anche questo. L’interesse dopo aver ascoltato i suoi lavori in solo era soprattutto per l’uso del sax basso. La capacità strumentale di Colin di trarre da uno strumento impegnativo (soprattutto dal punto di vista fisico) come quello l’originalità di musiche dal forte impatto emozionale è grandiosa, ma la mancanza di temi alla fine porta forse ad una stanchezza nell’ascolto. Nonostante il mio interesse fosse portato appunto verso il sax basso, l’utilizzo del sax alto, di contro, mi è parso più interessante, in quanto ho apprezzato meglio le variazioni microtonali che utilizzava. (Continua a leggere)

Migliore conclusione per la Biennale Musica 2012 non poteva esserci. Il progetto di Anthony Braxton, che presentava la composizione ’355+’, si colloca sulla scia del Ghost Trance Music e del Curtain Wall Quartet: una sola composizione estesa, circa 77 minuti, dove scrittura e improvvisazione si fondono, nella quale anche la disposizione spaziale dei musicisti è essenziale per lo sviluppo della stessa. La disposizione a semicerchio, necessaria per il coordinamento tramite gesti e messaggi tra i musicisti, presenta al centro la sezione ritmica, Halvorson, Testa e Siegel; alla sinistra Dewar, Dicker, Fei, Pavone e Braxton; alla destra Rozen, Schoenbeck, Regev, Laubrock e Bynum. A Braxton e a Bynum competono i ruoli di coordinare e impartire le direzioni musicali – forse maggiormente a Bynum – ai vari musicisti. (Continua a leggere)

I tre “zii”, sono musicisti che da anni portano avanti un discorso sulla musica improvvisata, non solo di derivazione jazzistica, con l’aiuto dell’etichetta Setola Di Maiale, che “… è un network ed etichetta radicale che coinvolge musicisti indipendenti — per la maggior parte improvvisatori — lontani dalle regole del mercato musicale, più o meno ufficiale.  Lo scopo principale è cercare di colmare un’esigenza molto diffusa nella comunità dei musicisti sperimentali, cioè quella di dare corpo e continuità alle musiche creative prodotte eminentemente nel nostro paese, autoproducendo lavori che per mancanza di opportunità discografiche, o per limitate disponibilità economiche degli stessi artisti, andrebbero perduti”. In altre parole, lo scopo dell’etichetta è quello di mantenere una documentazione della ricerca e dello sviluppo della musica improvvisata italiana. Come facile da intuire, la  proposta nel catalogo non è da ampie platee, ma negli anni ha conquistato una buona fetta di estimatori, soprattutto all’estero, dove l’apertura verso le “altre musiche” è sempre stata maggiore. (Continua a leggere)