Coltivavo l’intenzione dichiarata di replicare il provocatorio Flop Jazz che aveva ottenuto un riscontro inaspettato di lettori a fine anno scorso, ma devo confessare che non è mia abitudine ascoltare volutamente musica mediocre con tale fine. Diciamo che capita di inciamparci, ma tendenzialmente preferisco occupare il tempo libero ascoltando musica valida, se non di pregio, pertanto non mi sono capitate molte occasioni per criticare in negativo ciò che ho ascoltato e nemmeno è detto che abbia poi voglia di scriverne. In molti casi non ne vale proprio la pena. Tuttavia, uno dei pochi dischi ascoltati in questo periodo che mi hanno deluso e stimolato alla scrittura è questo A Cosmic Rhythm with Each Stroke che mi appresto a commentare, ovviamente senza pretesa di avere verità rivelate in tasca. (Continua a leggere)
E parecchio che non recensisco incisioni del passato che meritano una adeguata riscoperta. Solitamente lo faccio solo per i grandi capolavori. Questo Shorter by Two inciso da due pianisti, in teoria non di primissima fascia ma bravissimi, come Kirk Lightsey e Harold Danko, e dedicato integralmente alle composizioni di Wayne Shorter, se non è un capolavoro, poco ci manca. Da un po’ di tempo mi sto convincendo che, al di là di più o meno libere e apprezzabili improvvisazioni e virtuosismi vari, per fare degli ottimi dischi di jazz, di qualsiasi ambito stilistico essi siano, anche il più avanzato, occorra l’utilizzo di eccellente materiale compositivo, sia che si tratti di proprie composizioni o di quelle altrui. Non è certo condizione sufficiente ma è probabilmente necessaria. (Continua a leggere)