FREE FALL JAZZ

Angles 9's Articles

Qualche anno fa ‘Injuries’, esordio degli svedesi Angles 9, aveva attirato l’attenzione di diversi tra gli addetti ai lavori che si erano sprecati in elogi e in paragoni altisonanti (tra gli altri: Duke Ellington, Charles Mingus e Carla Bley) per via di una originale declinazione in chiave moderna e post-free della musica per big band. Su queste pagine avevamo corretto il tiro: non si trattava di un miracolo di orchestrazione per ensemble allargato di musica jazz contemporanea, bensì di un amatoriale quanto fallimentare tentativo di estendere le forme della scuola avant-jazz europea a un combo di nove elementi (due sassofoni, una cornetta, una tromba, un trombone, un pianoforte, un basso, una batteria e un vibrafono).

Quest’anno è la volta di ‘Disappeared Behind the Sun’, pubblicato il 17 gennaio ancora una volta dalla Clean Feed (il cui catalogo troppo spesso vanta discutibili esperimenti eseguiti con pochissima competenza e creatività), e ancora una volta i limiti della musica degli Angles 9 (la cui line up è rimasta invariata dai tempi di ‘Injuries’) si rivelano invalicabili. L’idea di fondo è molto semplice: mentre pianoforte, basso e batteria procedono su un sostenuto passo jazz-funk, abbellito dagli arrangiamenti del vibrafono, i cinque fiati ora tessono le idee melodiche portanti dei brani, ora si cimentano in lunghe sezioni solistiche corali. (Continua a leggere)

Ecco un disco che sicuramente è candidato a vincere qualche referendum di fine anno delle riviste specializzate nazionali o europee e che ha già mandato in sollucchero molti appassionati del sedicente, acclamato, ”jazz europeo”, che pensano che questo tipo di musica rappresenti, se non il meglio del jazz sulla scena contemporanea, una degna evoluzione, decisamente migliorativa, di ciò che gli afroamericani hanno in passato costruito e in ciò che oggi viene posto, in modo estremamente generico e con una certa immotivata supponenza snobistica, nel calderone del mainstream jazzistico americano e afro-americano. Peccato che nella musica degli Angles 9 ci sia molto di europeo e davvero poco  jazz, perché, o i jazzofili di oggi si sono inopinatamente dimenticati della lezione indelebile e della grande arte degli Armstrong, degli Ellington, dei Parker e dei Mingus, o semplicemente patiscono un periodo di stato confusionale in materia, in quanto questa proposta manca, come minimo, di una peculiarità basilare del jazz senza la quale tale non si può definire, ossia una adeguata elaborazione in termini ritmici. (Continua a leggere)