Due anni dopo ‘Il Partenzista’, il batterista Lorenzo Capello torna fra noi con un album dal titolo ancora più demenziale, ovvero ‘Dagli Appendini Alle Ante’. Che sia uno sberleffo diretto a De Amicis, una frase che suonava bene o altro ancora lo approfondiremo in sede d’intervista. Qui ci occupiamo della musica, che di nuovo è molto interessante e ben congegnata. Capello prosegue sulla falsariga del primo album con una serie di lunghi brani che partono dai mondi di Charles Mingus e di certo Max Roach anni ’60. Le improvvisazioni parallele di sax e trombone che a tratti attualizzano la brass band, le strutture variegate, la grande attenzione ai dettagli timbrici (partendo proprio dalla batteria) e gli improvvisi cambi di ritmo lo ribadiscono. In più, il gusto per il grottesco, l’atmosfera quasi da cartoon di certi momenti, il sapore a tratti bandistico, quando non proprio circense, l’alternanza di ritmi swingati ad altri più rock portano altri umori: il Frank Zappa di dischi come ‘The Grand Wazoo’ e ‘One Size Fits All’, la crema del prog rock inglese (Henry Cow e Soft Machine) e grandi geniacci sottovalutati e misconosciuti come Carl Stalling e Scott Bradley. Certo, musicisti poco avveduti avrebbero combinato un pasticcio sovrabbondante e pretenzioso con gli stessi ingredienti. Non Capello e i suoi, però, che riescono a sintetizzare il tutto in maniera scorrevole e sempre interessante. Sono presenti pure due brani cantati, ‘Already Left’, quasi cabarettistica e sopra le righe grazie alla voce di Echo Sunyata Sibley, e la più cantautoriale ‘Mp2′.
Uscita, di nuovo, davvero interessante e meritevole di attenzione – perché questo gruppo non suoni sempre in giro per l’Italia è una domanda di cui forse è meglio non sapere la risposta.
(Negrodeath)