FREE FALL JAZZ

Forse avete letto la notizia qualche giorno fa, forse no. In sintesi: Roy Hargrove, beccato con la cocaina, è stato condannato a svolgere due giorni di lavori socialmente utili. Il giudice gli ha ricordato che non è certo l’aula di un tribunale il luogo consono ad un grande artista, e spera di non doverlo vedere mai più lì dentro. La cosa, di per sè, è completamente priva d’interesse – sono cose che succedono, e a noi ascoltatori alla fine interessa la musica di Hargrove, non il resto. Ma “il resto” finisce sempre per edificare il personaggio pubblico, e contribuisce al mito. E nella mitologia del jazz, la tossicodipendenza è saldamente legata alle vite di molti artisti che sono pure, appunto, mito. Charlie Parker, caro estinto tossico del jazz su tutti, ma anche innumerevoli altri: Billie Holiday, Dexter Gordon, Miles Davis, John Coltrane, Bill Evans, Lee Morgan, Gerry Mulligan… la lista è lunga. Peggio ancora, il luogo comune si è fatto archetipo per visioni a senso unico della musica e cartoline a proprio uso e consumo. Quante volte si sente dire che il jazz dovrebbe tornare a “sporcarsi” nelle “strade” fra la “gggente” lontano dalle “scuole di musica”? Sono tutti discorsi senza alcun senso, se non quello di ricordare come una volta fosse tutta campagna. Al solito il mondo è cambiato, non si vuol fare alcuno sforzo per comprendere quanto e come il jazz si situi in questo mondo cambiato, e allora si rimpiange l’Eldorado. E la figura dell’artista bohemienne squattrinato e tossico nei locali fumosi, che si riscatta dalla sua condizione di negro proletario per poi morire di overdose o patire i problemi della dipendenza che fa sofferenza che alimenta giocoforza l’arte, è troppo forte e radicata per perdere il suo fascino romanzesco.

E’ strano perché una volta c’era la lamentela che il jazz non avesse il rispetto meritato e ai musicisti toccasse suonare nei localini putridi della 52a Strada. Ci suonavano per necessità, perché difficilmente avrebbero rifiutato di suonare per paghe migliori in posti più attrezzati e più belli. Oggi questi posti ci sono, il jazz se non altro viene apprezzato molto di più e si è guadagnato una certa dignità e rispettabilità. Eppure, a sentir dire, si stava meglio quando si stava peggio, perché ora il jazz sarebbe un prodotto dell’industria dei manuali di musica e delle grandi scuole della medesima che ucciderebbero la creatività che una volta era appannaggio dei musicisti poveri e sudati, ma felici, nei loro localini fumosi. Ancora un po’ e arriveremo al complotto ordito da Jamey Aabersold per disinnescare le spinte eversive del jazz. Eh già, perché il jazz ha valore solo se incarna una sorta di pallottola anti-sistema, altrimenti è solo un altro veicolo del potere capitalista bianco. Quindi lo possiamo sporzionare a nostro piacimento, fra musicisti poveri e drogati contro il sistema e biechi asserviti al potere capitalista bianco – un po’ come quel tale che ha detto peste e corna di Wayne Shorter in quanto colluso col sistema.

Eh, certo, se il jazz non è una specie di manicomio per drop-out, tossici e geni-ma-folli, ha perso la sua battaglia (quale?) ed è un pezzo da museo. La realtà, onestamente, è tanto florida quanto diversa. Non esiste più un movimento dominante, una scena che divida i pro dai contro. Esistono tante figure guida, tanti arcipelaghi, a volte comunicanti, altri no, in un mare di rivoli, rivolini e rivoletti. Sta a noi pescare e trovare musica interessante, senza attendere invano qualche messia. L’Eldorado è finita. Gli artisti, oggi, vivono le loro vite di dischi e concerti lontani dai grossi riflettori, senza alcuna possibilità di ritornarvi. Roy Hargrove, che pure è un nome noto ormai, incluso – fermate qualcuno per strada (o su Facebook) chiedendogli che ne pensa della vicenda di Roy e della droga. La creatività in giro è tanta, e se quel lick vi ricorda John Coltrane… beh, di sicuro ci sarà stato chi criticava Coltrane perché con quell’attacco ricordava Dexter Gordon, ai tempi dei tempi. Ricordate però che oggi (sparo nomi a caso) Mary Halvorson, Jason Moran, Christian Scott e compagnia possono contare su belle sale da concerto e ambire a premi e cattedre, cose un tempo impensabili. Non riesco proprio a vedere tutto ciò come un passo indietro…
(Negrodeath)

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