FREE FALL JAZZ

Il giovane trombettista Theo Croker, nipote di Doc Cheatham nonché protetto di Dee Dee Bridgewater (pure produttrice del disco) e Marcus Belgrave, ci tiene a sottolineare come la sua musica, se proprio vogliamo, è jazz, ma in realtà può essere anche altro vista l’ampiezza del suo background e delle sue influenze ed esperienze. ‘Afrophysicist’ in effetti non è un disco che si lasci incasellare in un semplice scaffale, e presenta una notevole varietà di situazioni. Il jazz di sicuro è presente, perché il modo di suonare di Croker è inconfondibilmente jazzistico, così come la preparazione della sua validissima band. ’Alapa (For Doc)’, dedicata all’illustre nonno, è due minuti di tromba priva di accompagnamento e costruisce un climax magnifico, su cui entra il primo vero brano, ‘Realize’. Sezione di fiati scintillanti, ritmo funky, invadenti tastiere, chitarra, percussioni, un fondale di paccottiglia ben arrangiata e ben suonata su cui si dimena una tromba pirotecnica: la prima cosa che viene in mente è terribile, ed è Maynard Ferguson. Coordinate simili per ‘Light Skinned Beauty’ e per il funk-disco da balera ‘Wanting Your Love’, con qualche eco dei Brecker Brothers (non è un complimento). Nemmeno i brani vocali si salvano: ok, la Bridgewater non si discute, ma il movimentato arrangiamento funk/soul di ‘Save Your Love For Me’ è di rara scontatezza, mentre Roy Hargrove canta davvero bene su un pezzo neo-soul altrimenti piattissimo e scolastico come ‘Roy Allan’. Quando si va sul jazz duro e puro le cose si fanno decisamente più interessanti, come testimoniano una bellissima versione della ‘Visions’ di Stevie Wonder in chiave crepuscolare e sognante, grazie anche al bel vibrafono di Warren Wolf, e ‘The Fundamentals’, brano in quintetto con serrati incastri piano-sax-tromba ricchi di energia e contrasti ritmici.

Trombettista di livello indiscutibile, Theo Croker purtroppo sceglie la via di una banale fusion anni ’70 riattualizzata nei suoni e poco altro. Peccato, perché quando vuole dimostra di saper fare assai di più. ‘Afrophysicist’ è un disco piatto e ben poco interessante, a meno che non vi accontentiate di un generico smooth-jazz-funk-latin suonato e prodotto divinamente.
(Negrodeath)

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