FREE FALL JAZZ

Di solito, quando metto insieme le parole Blue, Note e Milano nella stessa frase e senza punteggiatura, senza pause, ho un piccolo brivido. Subito mi vengo in mente folle vocianti, sciccoserie inutili, parole come “cool”, “figa oh”, “minkia a me piace il gièzz”, rumorosi tacchi a spillo e profumi da strapponi… Il tutto annaffiato da un listino prezzi che accetta solo organi freschi. Di solito è così. Ma non questa volta.

Questa volta è stato tutto perfetto. Alle 21:00 spaccate sale sul palco il Paolo Fresu Quintet che quest’anno compie 30 anni. Trent’anni. Sono trent’anni che Paolo Fresu (Flicorno e tromba), Tino Tracanna (al Soprano e tenore… quanto mi piace ‘sto cognome… Tracanna…), Attilio Zanchi (contrabbasso), Ettore Fioravanti (batteria) e Roberto Cippelli (Piano) suonano insieme. Forse (così, a naso) uno dei quintetti più longevi della storia. Trent’anni e più di venti dischi. Hanno firmato pubblicazioni con Splash, EMI-Blue Note, RCA-VictorBMG e, l’ultimo, un doppio cd di selezione dei brani che hanno fatto la storia del quintetto, pubblicato dalla Tuk Musik, l’etichetta fondata da Paolo.

Su di loro si sono scritti Nili, Missisippi e Reni di inchiostro… Questo mio rigagnolo in pieno periodo siccità si può considerare superfluo, ma tant’è… Dai primi minuti, la suddetta longeva collaborazione e amicizia è subito percepibile. Gli ottoni di Paolo e Tino sono davanti e dialogano ora con fraseggi veloci, ora con note più distese. Un uno due da manuale calcistico, che lancia il solista davanti alla porta per un’esultanza di note e colori. Dietro, la batteria di Fioravanti è una furia. Stabile nelle distensioni, crescente e esplosiva sui crash quando c’è da accentuare e fermarsi di colpo. Si, per dirla con Domenico da Piacenza, la struttura di molti pezzi prevede un frequente utilizzo delle sì dette “Fantasmate”: quelle pause (Domenico parlava di balletti), quegli improvvisi arresti che dividono un movimento e l’altro… Zanchi fissa il tutto con un groove bello “grosso” e impastato. Roberto Cippelli, al piano a corda e tastiere, decora con raffinatezza il tutto e stuzzica l’orecchio sensibile con freschissimi accenti.

Mi godo tutto questo seduto in dolce compagnia al banco centrale subito dietro i tavoli dove si mangiano diamanti e si beve oro. Tutto benissimo a ‘sto giro… A parte i due cocktail alla granatina di smeraldi con pestati di pepite del Kentucky e una spolverata di caviale di beluga… Infatti vi scrivo tutto questo dalle cucine del Blue Note, dove lavo piatti da qualche giorno. (Martino A.L. Spreafico)

 

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