Kenny Garrett non ama starsene con le mani in mano, ed infatti eccolo già di ritorno con un nuovo disco a meno di un anno dal buon ‘Seeds From The Underground’. Il nuovo album conferma la prodezza sassofonistica del buon Kenny (dote che nessuno si sognerebbe di contestare!), le sue capacità di compositore, la brillante compattezza della sua band, ospiti inclusi, e pure certi difetti ormai endemici. Si parla, per essere chiari, della solita vena etno-world-spiritualista che annacqua, ora più ora meno, la discografia del nostro da una vita, come di certi momenti sin troppo easy-listening. Certo, potrebbe essere un problema strettamente personale, cioè dell’orecchio di chi scrive, ma l’amaro in bocca resta, sebbene per pochi brani: l’iniziale ‘A Side Order Of Hijiki’, rovinata dal tema giapponese che fa colare una sgradevole patina di orientalismo da cartolina, la zuccherosa versione di ‘I Say A Little Prayer’ di Burt Bacharach, in cui comunque il pianista Benito Gonzalez si fa valere con un intelligente intreccio di frasi ben ritmate, o la melliflua ‘Homma San’, dai contorni eterei quasi new age. Poi, per fortuna c’è il resto, quando Kenny e compari tornano sui binari del loro esplosivo post-bop ricco di ritmi latini ed improvvisazioni intense e fantasiose. Il calyspo staccato di ‘J’ouvert’ (omaggio a Sonny Rollins), la liquida e sospesa atmosfera della lunga title track, dove sax e piano prendono strade diverse (arioso e solare il primo, sempre più cupo il secondo) con un effetto complessivo visionario, gli elaborati contrappunti ritmici di ‘Alpha Man’ o il modernissimo blues ‘Rotation’, carico di groove e pulsioni funk, perfetto per smuovere i club di tutto il mondo, sono esempi eccellenti dell’arte jazzistica di Kenny Garrett. Sottolineare la perfezione tecnica ed esecutiva della band è inutile, piuttosto preferirei soffermarmi sulla gioia e l’energia che questo gruppo sa trasmettere in ogni battuta.
‘Pushing The World Away’ è, nell’insieme, più compatto e riuscito del suo predecessore e ci conferma Garrett come uno dei maestri contemporanei del suo strumento. I fan lo acquistino senza esitare, così come chiunque voglia del moderno jazz di qualità – se le sfumature world etc. sono un problema, lo sono per una parte minoritaria del disco. Per fortuna!
(Negrodeath)