Che siate fan terminali dell’uomo o semplici appassionati di jazz in generale, il museo dedicato a Louis Armstrong a New York (a Corona, frazione nel nord del quartiere Queens, per la precisione) resta una meta imperdibile, seppur non dietro l’angolo, per il miglior “turismo musicale”.
Allestito nella casa di mattoni in cui per 28 anni, dal 1943 al 1971, il trombettista ha vissuto con la moglie Lucille, il museo esibisce una gran quantità di memorabilia e al contempo lascia intatti gli interni, evitando di modificare l’arredamento e la configurazione delle stanze (la cucina color turchese che vi proponiamo qui sopra resta forse l’immagine più famosa).
Una residenza tutto sommato “modesta” che per Louis Armstrong fu una scelta ben precisa:  “Avrebbe potuto permettersi una villa con tanto di piscina a forma di tromba - spiega Michael Cogswell, direttore del museo – ma scelse di restare qui perché era un posto in cui non veniva trattato come una celebrità . Poteva andare dal barbiere all’angolo e mettersi ad aspettare il suo turno come tutti. Al massimo, quando tornava da un tour i ragazzini del vicinato lo aiutavano a scaricare in casa i bagagli. Poi Lucille preparava delle coppe di gelato per tutti e si sedevano davanti alla TV a guardare qualche western”.
In questi giorni il museo festeggia il decimo anniversario dalla sua istituzione, lasso di tempo nel quale è stato visitato da ben 100.000 persone. Tra le novità , è stato per l’occasione esposto un insolito cimelio rimasto per anni a prendere polvere su uno scaffale: si tratta di una maschera di gesso, pitturata color bronzo, con le fattezze del trombettista. Un lavoro così dettagliato da riprodurre rughe sulla fronte, borse sotto gli occhi e persino cicatrici sulle labbra, segni “di battaglia” di una vita intera spesa a soffiare aria in qualche tromba. Non è chiaro chi sia stato a dare forma alla maschera, ma sulla sua autenticità non vi è alcun dubbio: in molte immagini d’epoca è ben visibile, appesa in cima alle scale di casa. Esiste poi un’altra foto, usata dai curatori del museo come punto di partenza per la loro ricerca di informazioni, che ritrae Armstrong che mostra orgoglioso la maschera in compagnia di una coppia non ancora identificata: magari si tratta proprio di chi gliel’ha donata.
Tra i progetti per il futuro c’è la volontà di aprire entro il 2016 un jazz club con 72 posti a sedere a pochi passi dal museo, che verrebbe usato anche per esporre gli archivi di materiale al momento messi in mostra nel seminterrato della casa, il quale, una volta “liberato”, verrà restaurato per tornare al suo aspetto originale: era infatti la stanza “ricreativa” di Louis.
“A modo nostro, vorremmo diventare un po’ la Graceland di New York”, chiosa orgoglioso Cogswell.
Se pensate di passare a breve dalle parti della grande mela, potete visitare questo link per tutte le informazioni utili alla visita di questo pezzo di storia del jazz. (Nico Toscani)
Le immagini sono di AP Photo/Frank Franklin II; un’interessante ed esaustiva galleria è disponibile cliccando qui.