FREE FALL JAZZ

Tra le note di copertina, uno stralcio di recensione dell’epoca dipinge i Bass Tone Trap come “la Art Ensemble Of Chicago che suona canzoni pop scritte da Ornette Coleman”, definizione che strappa un sorriso e di sicuro incuriosisce. Piccola mosca bianca all’interno del panorama inglese, il sestetto sheffieldiano nasceva dalle ceneri degli ostici De Tian, autori di un unico EP (‘Two Spires Split’) dalle forti tendenze avanguardistiche. Concluso quel progetto, Paul Shaft (contrabbasso) e Martin Archer (polistrumentista) restarono uniti, coltivando l’intenzione di virare verso sonorità più immediate: è la genesi di una storia tanto breve quanto intensa.

‘Trapping’ viene registrato nel 1983 ed è particolare sin dalla formazione, che schiera in campo due chitarre, la sezione ritmica e due sax (uno ad opera del funambolo Derek Saw, che si cimenta anche coi clarinetti, e uno ad opera di Archer stesso, che si dedica pure ad organo e violino). La musica è una miscela di jazz, rock e funk altrettanto anomala, specie perché di albionico, pur lasciando trasparire un certo amore di fondo per i Soft Machine, ha davvero ben poco, preferendo semmai guardare oltreoceano. Qui e lì si odono anche echi dei PIL, ma a differenza di altri coevi inglesi (penso ai Pigbag) tutto il punk funk viene quasi completamente bypassato, l’occhio di riguardo è piuttosto per New York e la cosiddetta scena no wave. Idem in ambito jazz: snobbati certi parossismi tipicamente europei, le loro concessioni al free provano ad attingere dai citati Coleman e AEOC come anche da Archie Shepp. Volendo dare qualche ulteriore riferimento, il nome a cui più si avvicinano sono forse i primi Lounge Lizards, venuti fuori sulla east coast giusto qualche anno prima.

Intenti ambiziosi portati avanti con un lavoro di sintesi talvolta un po’ sfilacciato, ma efficacissimo quando gira bene, specie negli episodi più “ritmici” o incentrati su qualche linea melodica accattivante (nei limiti del genere), come la trascinante opener ‘Sanctified’ o i tratti vagamente esotici di ‘Stay There’. Volutamente schizofrenico, ricco di idee interessanti, ‘Trapping’ (oltre ad uscire per una piccola etichetta come la BTT) ebbe la sfortuna di non riuscire a trovare una precisa collocazione in quel 1983: troppo poco allineato per i rockettari, troppo sopra le righe per un jazz all’epoca diviso tra primi tentativi di recupero di una certa tradizione e patacche fusion di dubbio gusto. I Bass Tone Trap durarono giusto il tempo di un altro pezzo (‘Race And Racy’, registrata per la mini-compilation ‘Four From The Floor’) per poi sparire completamente dai radar, sebbene tutti i musicisti siano rimasti più o meno nel giro con progetti di vario genere e numero (prossimamente spenderemo due parole sulla Bone Orchestra, collettivo in cui si ritroverà metà del gruppo: il citato Derek Saw, il chitarrista John Jasnoch e il batterista Pete Infanti).

Il solito recupero è d’uopo per tutti gli amanti delle sonorità “di confine”, e per una volta la caccia non dovrebbe essere particolarmente ardua, visto che qualche anno fa è stato ristampato in CD con una manciata di bonus track dalla nostrana Music À La Coque. (Nico Toscani)


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