FREE FALL JAZZ

Chris Potter ormai  non ha bisogno di presentazione. Tecnica stellare e versatilità a trecentosessanta gradi lo hanno reso il più credibile erede di Michael Brecker. Dopo una discografia lunga caratterizzata da dischi sempre “buoni, ottimi ma…”, Chris Potter esordisce ora su quell’ECM che pare di nuovo interessata ai musicisti americani. Le premesse in realtà sono scoraggianti: un disco chiamato ‘The Sirens’ e ispirato all’Odissea evoca subito orrende visioni wakemaniane. La formazione di per sè è ottima, con la particolarità di due pianisti: il grandissimo Craig Taborn fa il pianista normale, mentre l’astro nascente David Virelles si occupa di piano preparato, celesta e armonio; il contrabbasso di Larry Grenadier e la superba batteria di Eric Harland fanno il resto. Venendo all’album, ‘The Sirens’ tenta la saldatura fra mainstream evoluto e camerismo contemplativo. E qui casca l’asino, perché l’ECM-sound purtroppo infetta i momenti più lenti dell’album spingendolo verso il vuoto soporifero: nella title-track, per esempio, la band indulge in un lirismo esangue e di maniera che annulla la personalità del gruppo. Stessa cosa in ‘Nausikaa’, brano in piena modalità “generico disco ECM” con tanto di fragili sonorità tintinnabulanti (in realtà si tratta di Virelles). Certo, ci sono pure i momenti positivi, come l’iniziale ‘Wine Dark Sea’ dove contrabbasso, piano e batteria creano gradualmente i groove e il clima romantico perfetti per l’entrata del sax – un brano suggestivo ed epico, di sicura presa. Molto bella pure ‘Wayfinder’, con riuscitissime interazioni fra Taborn e Virelles mentre Potter delinea melodie sinuose e sognanti, e pure ‘Kalypso’, un calypso (appunto) post-bop astratto con metri soprendenti e un lavoro di gruppo di prim’ordine. L’arco narrativo del disco sembrerebbe concluso con gli otto minuti di ‘Stranger At The Gate’, che parte misteriosa e finisce rasserenante, ma invece c’è pure un’insipida coda minimalista per i due piani, ‘The Shades’, tutta rarefazioni e plìn-plìn.

Chi ama il sax di Potter e la sua indubbia maestria certamente apprezzerà pure ‘The Sirens’, un disco con tutti i difetti tipici delle produzioni ECM, primo fra tutti l’attenzione per il ‘bel suono’ next-to-silence e nibelungico che per forza di cose annacqua le dinamiche e il risultato finale. Partendo da simili presupposti narrativi (il viaggio, l’incertezza, la scoperta) e musicali (lirismo, atmosfera, imprevedibilità, accessibilità), Herbie Hancock raggiunse ben altri risultati con ‘Maiden Voyage’…
(Negrodeath)

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