FREE FALL JAZZ

Minnie Riperton era una cantante soul degli anni ’70 la cui carriera fu stroncata prematuramente dal cancro, a soli trentun’anni. Il suo nome negli anni è diventato di culto, grazie alle cinque ottave e mezzo di estensione vocale padroneggiate con disinvoltura e band extralusso in cui pure diversi musicisti jazz hanno militato (vedi Hubert Laws e Ramsey Lewis) e contribuito attivamente. Ovviamente, inutile fingere, io Minnie Riperton non l’avevo mai sentita nominare prima che Jason Palmer avesse deciso di omaggiarla col suo quarto e ultimo album. Nel 1979 la Riperton muore dopo una coraggiosa battaglia pubblica; lo stesso anno Palmer nasce, ma sarà solo molto tempo dopo che il giovane trombettista conoscerà la cantante, grazie ad un sample su ‘Midnight Marauders’ degli A Tribe Called Quest. ‘Take A Little Trip’ suona come un’ingegnosa ed estremamente coinvolgente rilettura di sette canzoni della Riperton, che ne sviluppa temi melodici e atmosfere attraverso lunghe jam cariche di groove funky e rilassato, con grande senso della misura e attenzione al suono d’insieme - come punti di riferimento, pensate ad un repertorio soul/funk/r&b anni ’70 rielaborato da Greg Osby o dai gruppi di Mark Turner con Kurt Rosenwinkel, musicisti sì cerebrali e riflessivi ma ben lontani dall’inespressività. Al contrario, i brani sono caratterizzati da una vena romantica e sensuale, basta vedere la lunga e pulsante ballad ‘I’m In Love Again’ o l’imponente ‘Inside My Love’, che cresce su un progressivo irrobustimento di ritmi funk. La complessità delle improvvisazioni e dell’interplay non soppianta mai la melodia, vero faro guida di un disco eccellente in cui l’uso del Rhodes (prevalente sul piano) in coppia con la chitarra accentua il sapore soul e r&b, rievocando almeno in parte il suono originale delle canzoni.

Jason Palmer si conferma grande trombettista, ispirato a Booker Little in primis. Il suo fraseggio espressivo cita, a volte letteralmente, i complessi vocalizzi della Riperton (e qui mi ha aiutato YouTube, ovviamente) e li porta in un terreno nuovo e stimolante. Anche da qui passa la via maestra del jazz di oggi.
(Negrodeath)

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