Ancora una volta il Centro D’Arte di Padova riesce a proporre musicisti giovani e interessanti. È il caso di Darius Jones, sassofonista in Italia solo per due date: Prato e questa di Padova. Originario della Virginia ma trasferitosi nella Grande Mela, Jones ha saputo portare le sue esperienze del blues più rurale a contatto con le nuove tendenze della musica nuovaiorchese. Questa caratteristica è apparsa subito chiara all’apertura del concerto: pochi frasi lamentose che man mano crescono sopra una ritmica molto libera. La voce di Darius è molto interessante; i suoni ruvidi, tipici dei bluesman rurali, sicuramente si sono rafforzati con l’esperienza accanto a Oliver Lake. La musica, basata su sue composizione, mette in evidenza una capacità di scrittura di ottimo livello, passando da ballad di sapori ellingtoniani (Johnny Hodges è di sicuro un riferimento per Darius) a spericolati assoli su sovracuti di retaggio post free. Dopo averlo ascoltato nell’ultima prova in quartetto, ritengo che questa formazione in trio sia la più consona per Jones, dove la sua capacità improvvisativa è più libera e dove l’interplay con gli altri due componenti del gruppo è più forte. Grande merito soprattutto ad Adam Lane, leader della notevole orchestra Full Throttle Orchestra, capace di fornire un supporto melodico armonico notevole. Meno incisivo mi è parso Jason Nazary, troppo monocorde per i miei gusti. Comunque un grande concerto, con un trio capace di essere potente ed elegante senza strafare. Come sempre, purtroppo, rimane l’amaro in bocca nel constatare la scarsa presenza di pubblico, anche perchè musicisti del genere non è facile vederli tanto spesso in giro… Vabbè, per vedere un po’ di pubblico ci consoleremo con il trio di Jarrett a Venezia…
PS: il jazz non è morto. Anzi, è più vivo che mai… Se ce lo fanno ascoltare!
(Maurizio Zorzi)
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