FREE FALL JAZZ

John Hammond e George Avakian sono due produttori che hanno fatto la storia della musica moderna, con la loro lungimiranza e il loro innegabile talento produttivo e affaristico. Fra i loro meriti indiscussi rientra pure l’attenzione per quei musicisti che rischiavano di essere messi da parte nella temperie degli anni ’50 e successivi, con l’arrivo di bebop, hard bop, post-bop, free etc etc. Hammond e Avakian si preoccuparono di far incidere a lungo le vecchie querce della swing era, peraltro ancora in forma smagliante. In tal senso risplendono queste jam session di Buck Clayton, fra le prime a potersi avvalere della lunga durata permessa dai 33 giri. A Clayton, storica tromba dell’orchestra di Count Basie, viene data piena libertà sulla scelta del materiale e dei musicisti; vengono convocati molti collaboratori (passati o del momento) di Basie e alcune star come Coleman Hawkins, Buddy Tate e Woody Herman, mentre le composizioni prendono la forma di lunghe jam (appunto) in crescendo, con arrangiamenti tanto raffinati quanto semplici che permettono a tutti i coinvolti di brillare. La sezione ritmica vede i fenomenali Walter Page (basso), Freddie Green (chitarra) e Jo Jones (batteria) su quasi tutti i brani, affiancati spesso da Sir Charles Thompson che suona nello stile limpido, percussivo ed essenziale proprio di Basie. Fra i molti brani (ricordiamo che queste incisioni vanno dal ’53 al ’56) spiccano colossali performance come ‘The Huckleback’ (venti minuti) e ‘Christopher Columbus’ (ventinove!), ricche di swing rilassato e assoli tanto lunghi quanto memorabili, rinforzati di quando in quando da vigorosi riff. Si segnalano poi ‘Rock-a Bye Basie’ per l’aggiunta del tip-tap del ballerino Jack Ackerman e ‘Don’t You Miss Your Baby’ per la sempre maestosa voce blues del grande Jimmy Rushing.

Con questi dischi nasce, quasi ufficialmente, il concetto di mainstream jazz: la via maestra, quella destinata ad evolversi gradualmente assorbendo al suo interno le scoperte delle frontiere. Niente di meglio delle fantastiche jam di Buck Clayton per segnare l’avvio di un movimento importante che ancora aspetta una giusta valutazione da parte di troppa critica che ama sporzionare il jazz manco fosse un branzino.
(Negrodeath)

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