FREE FALL JAZZ

Marc Rossi oggi insegna al Berklee. I più attenti forse lo conosceranno per le sue incisioni da leader col Marc Rossi Group o per i sei anni di militanza come pianista della Living Time Orchestra di George Russell verso la fine degli ’80. Non molti sanno però che sulle spalle ha un peccato bello grosso da farsi perdonare. Nei primi anni ’80, durante i suoi studi al conservatorio del New England, fu infatti lui a passare una cassetta dei Weather Report a uno dei suoi insegnanti: Jimmy Giuffre.

Giuffre, dopo il fallimento commerciale del fenomenale trio con Steve Swallow e Paul Bley, aveva mantenuto un profilo piuttosto basso nei ’60 e nei ’70, pubblicando una manciata di dischi, ma dedicandosi soprattutto all’attività di insegnamento. Galeotta fu quella cassetta dei Weather Report: l’autore di ‘Free Fall’ si sentì stimolato al punto da mettere insieme un gruppo per elaborare la sua visione di quella musica. In particolare, ad attirare la sua attenzione era il ruolo del basso elettrico (in sostituzione del “vecchio” contrabbasso), presto affidato al giovane Bob Nieske, anch’egli studente del New England Conservatory; lo stesso Rossi si occupava inizialmente di piano e tastiere prima di essere sostituito da Pete Levin, con il percussionista Randy Kaye a completare il quadrilatero. Il sodalizio fruttò tre dischi per l’italiana Soul Note, attentissima nonostante il nome di Giuffre in quegli anni fosse tutt’altro che “di tendenza”.

Oggi la CAM Jazz, che da qualche anno ha assorbito Soul Note e con essa i diritti sul relativo catalogo, ristampa in un unico cofanetto quei tre album, assieme alla quarta ed ultima emissione firmata da Jimmy per la suddetta label, ‘Conversations With A Goose’ (1996). Graficamente l’opera appare un po’ frettolosa: il retro del box riporta per ben tre volte lo stesso refuso (“Jimmi Giuffre”), sul retro di ‘Dragonfly’ è indicato il 1989 come anno di registrazione (che sarebbe in realtà 1983) e le note di copertina di ‘Liquid Dancers’ sono dure da leggere anche muniti di lente di ingrandimento. Si tratta di imperfezioni sulle quali si può chiudere un occhio, considerata la scarsa reperibilità dei dischi proposti (comunque ristampati anche singolarmente), nonché il prezzo particolarmente invitante (attorno ai 25 Euro).

Musicalmente è l’occasione buona per riscoprire il Giuffre meno noto, lontano dai suoi vertici, ma non privo di spunti d’interesse. ‘Dragonfly’, risentito anni dopo, è quello che più di tutti mostra la corda: è curioso ascoltare il sax e il clarinetto di Jimmy, che mantengono un approccio comunque “old style”, districarsi in contesti praticamente fusion, ma l’insieme per lunghi tratti risulta indigesto, vuoi per il predominio di basso e piano elettrici, vuoi per l’uso di suoni legati a quegli anni e invecchiati malissimo (a differenza, per esempio, dei suoi dischi a cavallo tra anni ‘50 e ’60). L’episodio migliore resta ‘J To J’, scritta per il compositore da sua moglie Juanita Odjenar, che parte atmosferica e minacciosa per poi aprirsi a richiami blues e bop, il cui stile oscuro e rilassato sembra prefigurare i due successori, ‘Quasar’ (1985) e ‘Liquid Dancer’ (1989), nei quali la qualità aumenta in maniera inversamente proporzionale ai difetti espressi da ‘Dragonfly’. Le influenze fusion vanno attenuandosi, e, se ‘Quasar’ è penalizzato da suoni ancora troppo anni ’80, ‘Liquid…’, pur con qualche calata di tono nei momenti meno dinamici, sembra invece trovare la quadratura del cerchio, operando una sintesi tra classico e moderno interessante per il periodo in cui è stata concepita e che ancora oggi mantiene un certo smalto.

Storia completamente diversa è invece l’ultima ristampa del lotto, l’ottimo ‘Conversations With A Goose’ (pubblicato nel 1996, ma tratto da una session registrata a Milano nel Maggio del ’93), ultima prova in studio dello storico trio Giuffre/ Bley/ Swallow, che si era riformato a distanza di quasi trent’anni verso la fine degli ’80 per un paio di concerti immortalati su disco: i due celebrati volumi ‘The Life Of A Trio’, che, pur non disprezzabili, restavano tutto sommato privi della “scintilla” che animava la formazione tre lustri prima, la quale viene però in parte recuperata nei due successivi lavori da studio, ‘Fly Away Little Bird’ (1992) e, appunto, ‘Conversations…’, che riprendono con successo la formula di quel jazz dalle influenze cameristiche che ha fatto la loro fortuna, se non a livello commerciale, sicuramente a livello artistico.

Intendiamoci: il materiale davvero imprescindibile di Jimmy Giuffre resta altro, ma per chi vuole approfondire c’è roba buona in questo cofanetto. Anzi, ottima nei migliori casi. (Nico Toscani)

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