“Ehi, sai che è uscito il disco di nuovo di Branford Marsalis?”
“Com’è?”
“Solito.”
“Ok, lo prendo al volo.”
Potremmo pure chiudere qui, vista l’assoluta eccellenza cui il maggiore dei fratelli Marsalis ci ha abituati nel corso della sua lunga carriera. Eccellenza che viene ribadita con forza nella nuovissima uscita del suo quartetto, uno dei migliori del panorama mondiale. Jeff ‘Tail’ Watts non è più della partita, notizia che potrebbe mettere sul chi vive molti appassionati visto che Watts non è solo il batterista più celebrato della sua generazione, ma pure parte integrante e attiva della formazione da molto tempo. Basteranno i primi minuti di ‘The Mighty Sword’ a spazzare via ogni dubbio: Justin Faulkner, entrato nel 2009 a soli diciotto anni, è ormai perfettamente integrato nel gruppo dopo un anno di concerti. La sua performance, muscolare e ipercinetica, eppure piena di finezze e graditissimi Blakey-ismi, lo mette in mostra come nuovo talento della batteria. Tornando a ‘The Mighty Sword’, si tratta di un bel modo per aprire un album. E’ un brano veloce e potente con un bel tema latino introdotto dal piano e subito doppiato dal soprano, teatro di una lunga e avvincente esplorazione melodico-ritmica a cura di Joey Calderazzo e di un ampio assolo di Marsalis che completa e conclude il discorso con autorevolezza, ben supportato dalla trascinante ritmica Revis-Faulkner. ‘Brews’, stravagante blues di Eric Revis, ricorda un po’ le riletture monkiane di Steve Lacy. Branford da un lato esplora le possibilità melodiche del tema in profondità , dall’altro si si spinge a suonare ‘out’ mantenendo una grande piacevolezza di fondo: un gioco di tira-molla per niente banale, possibile solo grazie ad un’intesa di gruppo a prova di bomba. Il particolare lirismo da romanza di Calderazzo dona un sapore tutto particolare ad autentici tour de force degni di Cecil Taylor, come ‘Endyamon’, oltre che a suggestive ballad come ‘My Ideal’, dove Marsalis riecheggia a modo suo il sound soffiato e sensuale di Coleman Hawkins e Ben Webster. La turbinosa carica post-bop ‘Whiplash’ e l’intima ‘As Summer Into Autumn Slips’ segnano ulteriori centri, versante energico  up-tempo e versante melodia avvolgente, senza che nessuno delle due faccia mai del tutto a meno dell’altra. La bonus track ‘Treat It Gentle’ è un sentito omaggio a New Orleans e a Sidney Bechet, rievocato esplicitamente dal soprano di Branford.
Tornano in mente le parole pronunciate da Marsalis stesso in un’intervista di pochissimi anni fa: scrivere del buon materiale, delle melodie coinvolgenti, ed esplorarle al meglio delle proprie possibilità di gruppo, senza assoli che si limitino a mettere in mostra il solista. Se sia questa la pietra filosofale del jazz, non lo sappiamo. Sappiamo solo che il gruppo di Branford Marsalis, attenendosi a questi principi, riesce sempre a darci grandissima musica.
(Negrodeath)