FREE FALL JAZZ

Con un po’ di buona memoria di certo ricorderete la Red Hot Organization, associazione sin dai primi anni ’90 attiva nel raccogliere fondi per finanziare cause in legate alla lotta contro l’AIDS. In particolare, i proventi arrivano dalla pubblicazione di una serie di compilation a tema, contenenti materiale più o meno inedito di nomi abbastanza importanti, la cui qualità però negli anni è andata sfortunatamente scemando (agghiaccianti le uscite “latine”, per esempio). Agli inizi le cose erano di tutt’altro livello: si pensi alla terza raccolta, ‘No Alternative’, che, sfruttando il boom “alternativo” del periodo, riuniva sullo stesso disco Soundgarden e Beastie Boys, Soul Asylum e Sonic Youth, persino i Nirvana, con una strepitosa hidden track (‘Sappy’). Un anno dopo fu il momento di “sfruttare” a scopo benefico un altro filone particolarmente in voga, capace di garantire buoni proventi: l’ibrido tra hip hop e jazz.

‘Stolen Moments: Red Hot + Cool’ arriva dunque nel 1994, quando la fusione tra i due stili è all’apice della popolarità e la carica innovativa va inevitabilmente svanendo, cionondimeno offre tanto materiale nuovo (coi testi “in tema”) e una carrellata di accoppiamenti inediti. Non è proprio una novità quello a cui tocca aprire le danze: il tridente Guru, Ronny Jordan, Donald Byrd si è infatti già visto sul primo ‘Jazzmatazz’, seppure mai contemporaneamente nello stesso brano. Il pezzo che ne risulta, ‘Time Is Moving On’, sembra la diretta estensione di quel progetto, seppure la registrazione live regali una dimensione più diretta e ‘grezza’. Sempre dallo stesso concerto (di cui buona parte confluirà nel documentario con lo stesso titolo del disco, poi trasmesso in TV e pubblicato in videocassetta) proviene l’anfetaminica ‘This Is Madness’, feroce miscela jazz/funk/hip hop che unisce il sax di Pharoah Sanders alle “urla” degli attivisti Abiodun Oyewole e Umar Bin Hassan, noti per la loro appartenenza ai Last Poets. Il veterano contrabbassista Ron Carter invece fa il bis e, dopo l’acclamata collaborazione con i De La Soul su ‘The Low End Theory’, in questa sede fa comunella col francofono MC Solaar, unione che in realtà non esalta eccessivamente. Tra gli highlight è da annoverare senz’altro ‘The Rubbers Song’, ode al sesso sicuro firmata Pharcyde, ideale complemento all’ottimo esordio di un paio d’anni prima, così come le zampate di Michael Franti & Spearhead e dei pressoché esordienti The Roots (con il vibrafono di Roy Ayers).

Non tutto il materiale ha però resistito al tempo: risentita oggi, troppo “docile” suona la collaborazione tra due nomi formidabili come Digable Planets e Lester Bowie, così come Robert Ramsey non lega bene con gli Incognito e la voce di Carleen Anderson, producendo un pezzo che dopo due minuti di intro pianistica sfocia in un ballabile figlio del peggior acid jazz del periodo. Niente di che anche il bonus cd allegato, che offre una sorta di remix trip hop di ‘The Creator Has A Masterplan’ di Sanders e due versioni di ‘A Love Supreme’, una ad opera di Branford Marsalis, l’altra di Alice Coltrane (quest’ultima presente anche su ‘Red Hot + Impulse’, compilation benefica in odor di free jazz uscita in contemporanea). Ad ogni modo, quasi due decadi dopo, ‘Red Hot + Cool’ mantiene ben saldo il suo valore “storico”, sorta di ultimo fuoco prima che l’incrocio tra i due generi proseguisse il suo sviluppo in contesti musicali dai contorni sempre più sfumati e dalle influenze assai composite. Un ripescaggio di certo non fa male. (Nico Toscani)

PS: a questo link è possibile vedere la versione integrale dell’ottimo documentario realizzato all’epoca. Enjoy.

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