FREE FALL JAZZ

Marcus Strickland è, a ragione, uno dei sassofonisti più richiesti nel panorama odierno. Ha collaborato un po’ con tutti ed è titolare di una notevole (qualitativamente e quantitativamente) carriera solista che attraversa diversi tipi di stili e formazioni, unificate però da una salda visione d’insieme. A conferma, ecco i due volumi di ‘Triumph Of The Heavy’ che testimoniano la sicurezza e la maturità del sassofonista americano, sia in quartetto registrato in studio (vol.1) che in trio dal vivo (vol.2). Del resto uscire con un doppio cd nell’era delle vendite in tragicomico calo, e per di più sulla propria etichetta personale, vuol dire grande incoscienza o grande fiducia nei propri mezzi, o forse entrambe. Sia come sia, della partita gli ormai fidatissimi Ben Williams (contrabbasso) e EJ Strickland (il fratellino batterista), cui si aggiunge l’eccellente piano di David Bryant nel primo volume. Quanto a Marcus, stavolta ha concentrato gli sforzi sul contralto per la prima volta in vita sua, mettendo da parte quel tenore che, con l’attacco brusco, i bassi robustissimi e il gusto per temi orecchiabili, lo aveva messo in luce come uno dei più ispirati eredi odierni di Sonny Rollins. 

Il primo disco è un perfetto distillato di quartetto contemporaneo. incentrato innanzitutto su composizioni brevi e complesse, con uno sviluppo melodico molto attento, sia nei temi sia nelle vorticose scorribande soliste. L’impressione, dopo qualche ascolto, è di un lavoro pensato quasi come una suite, visto il modo in cui ogni brano prepara la strada al successivo, secondo un percorso di movimenti contrastanti (nel suono, nell’atmosfera, in entrambi…). Bryant ricorda McCoy Tyner e Jason Moran col suo brillante piano percussivo e bluesy, che spesso contrasta i ritmi più funk e hip hop scanditi da basso e batteria; Strickland si appoggia sul primo o sui secondi o rimbalza da una sponda all’altra cadendo sempre in piedi, utilizzando spesso il contralto con un suono tagliente e acidulo. Molto interessante ‘Virgo’, dove sassofoni e clarinetti vengono sovraincisi in un motivo ripetuto che fa da base all’improvvisazione del massiccio e brunito sax tenore su un beat hip hop. L’oscura e torbida ‘Za Rahula’ e la secca, funkeggiante ‘A Temptress Gait’ sono altri pezzi da novanta in bilico fra classico e moderno. Il secondo disco, in trio dal vivo, presenta un paio di estratti (‘Cuspy’s Delight’ e ‘Portrait Of Tracy’, in origine di Jaco Pastorius) dall’ottimo ‘Idiosyncracies’ del 2009, di cui costituisce una prosecuzione più avventurosa. Si parla sempre di jazz corposo ed energico che ondeggia di continuo fra la tensione di ritmi inclini all’hip hop e un più classico impulso swingante: in tal senso ‘Mudbone’, dal groove potentissimo, è forse il miglior pezzo del disco. Il trio ha per fili conduttori le progressive mutazioni di suono e ritmo, più che una struttura subito evidente, ma non perde mai di vista una brusca, spigolosa piacevolezza d’insieme.

Album, e musicista, consigliatissimo. A tutti e indistintamente. E poi sono due dischi eccellenti al prezzo di uno, che fotografano al meglio lo stato di forma di due formati classici del jazz (quartetto e trio) nel 2012. E sapete com’é, coi check up a sorpresa: meglio passarli, e bene! (Negrodeath)

Comments are closed.